Resoconto “energetico” del viaggio sociale 2018: due passi nella leggenda di Maria Maddalena

davVoce narrante: Cristina Rovano
Ho voluto fortemente questo viaggio alla Sainte Baume che mi auguro essere il primo di una serie da organizzare anche nei prossimi anni… ci sono così tanti luoghi particolari in cui è possibile fare un’intensa esperienza di percezione!

Questo viaggio però voleva anche essere esperienza di condivisione e di un pezzetto di vita insieme. Lo è stato. L’atmosfera serena e lo spirito di gruppo che si sono da subito instaurati tra noi partecipanti ci ha ripagato di tutto l’impegno che è stato necessario impiegare per realizzarlo.
E dunque.. al termine del viaggio, mentre sorseggiavamo kir royal riparandoci dal sole settembrino nel dehors di un locale di Porquerolles, ecco farsi largo l’idea di un racconto scritto ad otto mani: ognuno di noi ne racconterà un pezzetto ripercorrendo tre giornate colme di emozioni.
Tocca a Giuseppe aprire le danze. Noi ci ritroveremo tra poco.

L’importanza ed il valore aggiunto del fare percezione insieme
di Giuseppe Marsico

davCon queste mie riflessioni vorrei comunicare a tutti Voi ciò che ho provato e recepito durante l’esperienza presso questi luoghi geologicamente interessanti, dove la storia e le tradizioni religiose hanno lasciato una traccia indelebile. Ma quello che vorrei approfondire, (in quanto lascio ad altri soci descrivere più precisamente i luoghi visitati e le percezioni avute) e su questo mi sono “concentrato”, è l’importanza ed i vantaggi di fare queste esperienze “insieme” a colleghi e a soci esperti, per poter far circolare le energie di ciascuno al fine di condividere sensazioni e percezioni e soprattutto di avere l’opportunità di entrare in sinergia con le persone.
Dalla mia esperienza fatta presso l’Istituto GEA dal corso di base in poi e grazie agli aggiornamenti seguiti, ho sempre creduto nell’importanza di eseguire analisi, rilievi, percorsi percettivi e visite a luoghi geologicamente e storicamente “forti” insieme ad altre persone che siano sulla mia medesima lunghezza d’onda e che siano affascinate dalle risposte e dai segnali che la Terra e i suoi luoghi particolarmente “attivi” ci rimandano, se vogliamo e sappiamo ascoltarli.
Ritengo molto importante, in questi momenti di percezione e ricerca, fare squadra, scambiare opinioni e sensazioni, ricercare punti e luoghi che “emettano” o “assorbano” o comunque diano segnaldavi al nostro corpo (vibrazioni, sensazioni di aumento della temperatura o sua diminuzione, movimenti interni ai nostri organi, cerchio alla testa, affanno o rilassamento, sensazioni di benessere, sensazioni di pace interiore ecc.) e soprattutto ritengo fondamentale avere l’opportunità e la voglia di scambiare queste sensazioni con gli altri, al fine di mettere in comune aspetti anche molto personali che possano aiutare sia chi si esprime sia chi ascolta, contribuendo allo scambio delle esperienze.
Credo poi fortemente che solo con un “lavoro insieme”, attento ed equilibrato si riesca a tornare a casa dall’esperienza avuta con un ricco bagaglio di conoscenze e di scambi energetici che aiutano sicuramente a crescere come “esperti” e come persone attente ai segnali del proprio corpo.Nei tre giorni passati insieme nonostante molte ore sono state impegnate nel viaggio, abbiamo avuto tante opportunità di confronto, di scambio e soprattutto di arricchire il nostro bagaglio riguardo le ricerche e le analisi dei luoghi che avevamo deciso di approfondire. Sono convinto che aver poi passato anche momenti conviviali e rilassanti (ad esempio le serate trascorse insieme e la visita all’isola di Porquerolles) sia servito a tutti per migliorare la nostra conoscenza e apprezzare anche i lati “non solo professionali” di ciascuno. Sono molto contento dell’esperienza fatta perché ho ricevuto, e spero di aver dato, “energie positive” che servono a tutti noi per migliorare il nostro benessere psico-fisico. Ho avuto la riprova che l’Associazione Gea è costituita da Associati disposti a collaborare, fare ricerca e condividere ciò che la Geobiofisica e la Geobiologia ci insegnano, con l’obiettivo di crescere insieme.

Eh sì, il viaggio è stato piuttosto lungo e faticoso, ma anche divertente e ci ha regalato l’opportunità di stare insieme, noi che siamo sparsi su un vasto territorio che si estende dal nord al centro Italia e si spinge fino in Svizzera, in Canton Ticino.
Eccoci venerdì mattina a Milano, scelta come luogo di ritrovo perché baricentrica un po’ per tutti, pronti per la partenza: gioiosi ed eccitati ci compattiamo su due auto non prima di esserci rincorsi per Assago Forum poiché ci aspettavamo a due stazioni della metro differenti, ma qualche imprevistodav ci sta e rende più briosa l’avventura.
È un bellissimo weekend di settembre. La temperatura è ideale. Partiamo verso la nostra prima destinazione: la Basilique Sainte-Marie-Madeleine sita a Saint-Maximin-la-Sainte-Baume, in Provenza. È la più grande basilica gotica del sud della Francia, la cui costruzione è iniziata nel 1295, ed è considerata il terzo sepolcro più importante della cristianità dopo quello di Gesù a Gerusalemme e di San Pietro a Roma.
Le aspettative sono alte. Dopo aver parcheggiato, ormai nel pomeriggio inoltrato, fuori dal nucleo storico di Saint-Maximin-la-Sainte-Baume ci avviciniamo a piedi verso la chiesa, approfittando del tragitto per sgranchirci le gambe intorpidite da molte ore di viaggio. Eccola apparire al fondo della piazza Hotel de Ville. Trascorriamo qualche minuto ad osservarla dal di fuori, per farci un’idea di cosa ci aspetta al suo interno. Entriamo.

La percezione nella Basilica di Maria di Magdala

di Pier Prospero

Entrando nella chiesa si ha l’impressione di superare un ostacolo essendo già su una graticola.
All’interno la mia percezione non è cambiata molto, se non che avvicinandosi all’abside sentivo meno tensione e stavo via via meno male fino all’abside dove la tensione era mindavima.
Solitamente all’interno delle chiese gotiche si sta meglio che all’esterno: era cura dei costruttori mettere la percezione di un “ostacolo” all’ingresso ma anche far percepire che – superato questo – ci si trovava in una atmosfera complessivamente migliore che all’esterno.
In questa basilica non avviene e uscendo lateralmente verso il chiostro ho avuto nettamente la percezione che si stava molto meglio fuori.
Il problema è che per quel che riguarda la percezione sottile, ma anche il pathos, entrare in questa basilica o entrare in un capannone dalle dimensioni analoghe, per me sarebbe stata la stessa cosa. Infatti mi è risultata una chiesa “senz’anima” dove, pur essendo dedicata a una figura femminile, la percezione del femminile è quasi del tutto assente. In questa basilica prevale la funzione di “capannone per la fiera annuale” che pur essendo propria anche delle altre grandi cattedrali, di solito non ne toglie l’atmosfera e attualmente non si percepisce più.
La mia impressione alla fine è quella di una costruzione già a suo tempo dedicata al business e fatta per sancire il Potere, civile e religioso.

Si sa che nei luoghi in cui dopo il mille ancora necessitavano di costruire grandi chiese per sancire la religione e il Potere voleva dire che la popolazione si era convertita solo formalmente ma continuava in gran parte a praticare il vecchio culto della Dea, magari in forme decadute e senza più comprenderlo, ma continuava a preferirlo al nuovo culto solare-patriarcale e ai suoi risvolti politico-sociali.
Ritengo che qui nel quarto secolo ci possa essere stata proprio una situazione del genere e che la popolazione per non incorrere nella repressione cruenta dei nuovi potenti abbia cambiato tutti i nomi delle loro credenze antiche con altri nomi cristiani che però ne mantenevano in qualche modo il significato simbolico, quindi una grotta tempio rupestre di sacerdotesse e poi forse teatro di sacrifici di giovani donne diventa la “grotta dove si è ritirata la Magdalena” e l’arrivo rituale via mare di queste sacerdotesse, nei secoli diventato l’arrivo rituale di sacerdotesse e sacerdoti per la commistione col patriarcato, è diventato l’arrivo di una “barca senza remi dalla Palestina” con a bordo uomini e donne “sacri”, e così via. Sotto a questi nuovi nomi si continuava a celare quel “culto ancestrale che esisteva dalla notte dei tempi”, come dicono gli autori del sito “due passi nel mistero”. Dovevano averlo già fatto molte altre volte: con i primi indoeuropei, con i Greci, con i Celti e con i Romani, quindi gli sarà venuto spontaneo adeguarsi anche agli aggressivi cristiani del quarto secolo. Questo adattamento forzato deve essere successo proprio all’epoca della così detta cripta (in realtà è un sacello tombale preesistente alla basilica): i sarcofagi presenti nel sacello con le loro istoriazioni no
davn mi hanno “detto” di essere stati pensati per dei santi di due secoli prima, ma di essere stati fatti per una famiglia molto importante e ricca.
Nel sacello si entra a fatica per un “ostacolo” energetico posto all’accesso che potrebbe essere stato sfruttato da chi ha costruito il sac
ello ipogeo come “dissuasione” a entrate sgradite. Dentro, essendo passati più di mille anni, non si percepisce più l’informazione di morte caratteristica delle tombe, che però è riportata alla vista dal teschio considerato reliquia della Magdalena. Ho eseguito una datazione a distanza del teschio che mi risultava di una donna tra i 45 e i 50 anni morta 1750/1800 anni fa circa. Non ho potuto essere più preciso poiché non potevo toccare l’oggetto da datare, ma come ho “azzeccato” l’età della morta (accertata verso i 50 anni come ho letto successivamedignte) dovrei aver “azzeccato” anche gli anni che ci separano da quella morte, che quindi per la mia percezione risalirebbe al 200/250 d.C. Altri due miei compagni di viaggio hanno provato a datare il teschio ottenendo risultati simili al mio (e l’abbiamo fatto scrupolosamente in cieco tra di noi), quindi è molto probabile che il teschio fosse di una donna sepolta nel sacello. Una datazione al Carbonio 14, pur essendo più approssimativa delle nostre, risolverebbe definitivamente la questione.
Ma nel cercare di percepire che informazioni mi arrivavano dall’interno del sacello ecco la sorpresa!
La cosa più interessante di tutta la basilica, che però per me non c’entra niente con la basilica, è proprio qui, al centro del sacello del quarto secolo: un campo energetico circolare che pulsa lentissimamente, al cui interno sembra di sollevarsi un po’ e che è in grado di compensare gli effetti deleteri della situazione idrogeologica e tettonica.
Anche in altre situazioni ho trovato questo tipo di campo associato a delle sepolture con l’intento, presumo, di far andare in Cielo le essenze energetiche dei sepolti, quindi sono sicuro che la posizione del sacello fu scelta accuratamente per la ricca famiglia gallico-romana cristiana che vi doveva essere sepolta.
Sia nel sacello che sopra in verticale nella basilica, in corrispondenza di questo campo energetico non solo non si percepisce più il malessere dovuto alla situazione geologica, ma si sta anche bene!
Conosciamo da anni l’esistenza di questo tipo di campi, ma finora ne abbiamo potuto testare così pochi e in situazioni geologiche molto diverse che non siamo ancora in grado di descriverli bene e di fare ipotesi sulla loro origine.
Ecco un bel compitodav che ci attende per il futuro come Esperti GEA.

È stata una visita impegnativa, non priva di sorprese, che ci ha ricordato quanta ricerca dobbiamo ancora fare nel prossimo futuro dell’Associazione!
La stanchezza inizia a farsi sentire e approfittiamo delle ultime ore di luce per avviarci verso Plan-d’Aups-Sainte-Baume, un paesino disteso ai piedi del massiccio della Sainte-Baume, in cui trascorreremo la prima notte. L’albergo è molto carino, molto caratteristico, e ci offre una cena deliziosa dopo un aperitivo al banco. Fuori la calma e buia notte è la protagonista della serata. La luna illumina il massiccio, una presenza molto forte che connota il paesaggio in modo incisivo. Domani ci aspetta una giornata ancora più impegnativa: saliremo a piedi sul massiccio, sostando nella Grotta in cui si narra abbia vissuto gli ultimi 33 anni di vita niente meno che Maria di Magdala.

La percezione nella Grotta di Maria di Magdala
di Magda Ceré

08 okIl ‘Massif de la Sainte-Baume’ (dal provenzale ‘baumo’, grotta), è una falesia dal fronte impressionante di 12 chilometri.
La spettacolarità geomorfologica del massiccio è frutto di movimenti tettonici iniziati 120 milioni di anni fa con la rotazione della penisola iberica e successiva spinta verso l’attuale sud della Francia, che ha provocato uno scorrimento di un centinaio di chilometri in direzione nord-est. Le deformazioni e piegature degli strati hanno prodotto la catena dei Pirenei e quella del massiccio, la cui volta anticlinale ha in seguito subito fenomeni di erosione aerea. Il fianco meridionale della catena provenzale ha continuato il suo movimento, prima senza trovare resistenza, poi sovrapponendosi al fianco settentrionale, originandone così il ribaltamento degli strati. Tra i 30 e 10 milioni di anni fa, una serie di spinte stavolta verticali, ha sollevato i suoi strati, aumentandone l’elevazione. La successiva erosione ha intaccato pesantemente il versante nord, lasciando intatti solo brandelli delle ‘serie normali’ e rendendo visibile la ‘serie inversa’ che oggi forma l’alta catena di Sainte-Baume e il picco di Bertagne nella baia di Saint-Cassien. Il territorio è stato per decenni oggetto di studio da parte di eminenti geologi ed è una dimostrazione evidente della teoria del ‘thrust sheet’: strati antichi, risalenti al Triassico e Giurassico, sono posti su strati sdavuccessivi del Cretaceo, creando così una ‘serie inversa’.
Il massiccio è caratterizzato dalla presenza di abbondanti scorrimenti acquiferi e risorgive sotterranee e costituisce la principale riserva d’acqua della regione. La natura carsica del suolo ha creato grotte, anfratti, doline e numerose gallerie, oggi paradiso per gli speleologi.
Da un punto di vista storico e antropologico, l’archetipo della grotta umida simboleggia da sempre il grembo materno, origine della vita.

Le popolazioni del neolitico e in seguito i Celti, i Liguri, i Romani e i pellegrini provenienti dall’antica Massilia (Marsiglia), si recavano alla sacra grotta per venerare le dee primigenie della fecondità, divinità appellate con nomi diversi nei vari culti ma provenienti dalla medesima radice ancestrale.
Verosimilmente, dal V secolo, i monaci di San Cassiano dell’abbazia Saint-Victoire di Marsiglia, per primi introdussero la presenza cristiana continua nella grotta e la tradizione provenzale di Santa Maria Maddalena.
Il 22 settembre, secondo il nostro calendario, è giornata d’inizio autunno, eppure uno splendido sole estivo ci ha riscaldato fino alla grotta. Lungo il cammino ci siamo scambiati alcune impressioni e considerazioni sul luogo e sulle vicende della Maddalena; ognuno portava con sé un personale bagaglio di conoscenze, informazioni geologiche del territorio, letture di testi sacri o profani, racconti, teorie, storie leggendarie impresse nell’immaginario.
Immergendoci nel bosco sacro e salendo verso l’altura, abbiamo cercato di abbandonare alle nostre spalle questo fagotto di dati e idee, poiché il nostro intento era sentire cosa quel luogo avesse da raccontarci, il più possibile liberi da condizionamenti mentali e culturali, quali voci sorgessero dalle rocce, dagli anfratti, dalle acque nascoste e dai loro umori.
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Così, raccolti nel nostro silenzio, ci siamo avvicinati con rispetto e abbiamo sostato e osservato a lungo il luogo e ascoltato le nostre sensazioni.
La terrazza antistante alla grotta consente un panorama ampio e la giornata soleggiata ha favorito la visibilità a lunga distanza. Sostando sotto il picco della falesia, si avverte una sensazione di schiacciamento, pare di essere sospinti all’indietro, mentre in prossimità dell’apertura della grotta sacra, ‘qualcosa’ di simile a una parete invisibile ostacolava il nostro incedere; l’enorme forza sprigionata dagli strati geologici è ancora percepibile, se ci si pone in adeguato ascolto e attenzione verso le sensazioni corporee sottili.

Per entrare si devono salire sette gradini, numero associato alla ‘verginità’ intesa come ‘perfezione’, ai ‘sette demoni’ da cui la Maddalena fu liberata, ai ‘sette doni dello Spirito’, alle giornaliere ‘risalite verso il cielo’ della Santa, sollevata dagli angeli (mi chiedo, forse la risalita della kundalini attraverso i sette chakra principali?).dav
Il varco originario è stato chiuso da una parete in forma di facciata con finestre, decorate da vetrate colorate di recente fattura e recanti le vicende di Gesù e della Maddalena; in seguito avremmo notato che alcune raffigurazioni rappresentano gli eventi descritti nei Vangeli in modo non convenzionale e inusuale, come per esempio il tavolo dell’ultima cena apparecchiato per due.

Dall’interno provenivano i canti finali di commiato di una funzione religiosa. Mi aspettavo un’illuminazione artificiale più intensa, tuttavia il buio non era sgradevole. Muovendoci e sostando nelle varie parti della grotta, le sensazioni che abbiamo percepito sono state a volte piacevoli e a volte no, a seconda delle zone. Camminando lungo una linea ideale parallela alla facciata della chiesa, circa all’altezza della balaustra dell’altare, ho avvertito una forte pressione in salita dal basso, davvero fastidiosa a livello dello stomaco; ipotizzo sia stato per effetto della spinta verticale degli strati geologici, probabilmente ancora attiva.dav
Il contrasto fra la naturale asperità e le forme rifinite delle statue e dell’altare, fra i colori terrigni e grigiognoli e la policromia delle vetrate, per me era sgradevole; solo la statua dell’Arcangelo Michele, custode del femminino sacro e delle energie telluriche, mi è sembrata essere intonata al luogo e in sintonia con le qualità dell’antro, forse solo perché non ben illuminata.
Le sistemazioni e le modifiche create dall’uomo, in fasi successive e secondo apporti diversi, non hanno ricevuto un’impronta organica. Persino Le Corbusier fece un progetto di sistemazione della basilica ctonia, peraltro piuttosto invasivo: tre sale-caverna e sette percorsi di accesso, secondo una numerologia dal forte richiamo simbolico.

Le sculture che ritraggono la Maddalena non sono immediatamente visibili.
La più imponente è collocata dietro e di spalle all’altare, nascosta e di difficile accesso.

dav Si tratta di un’opera di riciclo, proveniente da un monumento funerario mai ultimato, tuttavia rispondente a una delle consuete posture secondo cui la Santa è sempre stata raffigurata: semisdraiata con a fianco i simboli sacri a lei associati.
Un’altra statua con angeli è in fondo alla sala, un’altra è posta al livello più basso.
Ovunque, era intensamente tangibile la percezione della presenza dell’acqua, così abbondante, trasudante fra le pietre, in movimento fra gli anfratti carsici. Nella zona più intima e profonda della grotta, raggiungibile con due rampe, forse troppo imponenti e sovrabbondanti, c’è una vasca di raccolta, la cui attuale finalità pratica, un tempo probabilmente si accompagnava a quella delle cerimonie sacre di abluzione. Ci chiediamo: di quali rituali questo luogo è stato testimone? Di quali imprese dell’uomo, sane o insane, sono testimoni queste rocce? Abbiamo accolto le sensazioni diverse che ci sono arrivate ed è stato particolarmente interessante confrontarci, parlare di sovrascorrimenti e faglie ma anche di culti delle acque legati al femminino sacro, dei misteriosi ‘quatre de chiffre’ sulle vetrate, opera dei Compagnons du Tour de France, custodi secolari e privilegiati di questo luogo sacro.

Non sapremo mai se Maria Maddalena abbia veramente vissuto qui gli ultimi trentatré anni della sua esistenza.
Sapremo però custodire i nostri ricordi.

Ricorderò gli attimi di commozione stando seduta a occhi chiusi, il senso di disagio provato davanti a quel piccolo altare, in quell’angolo buio, dimenticato e abbandonato all’incuria. Saprò ricordare la voce di un luogo che chiede di tornare a essere riconosciuto nella sua autenticità.

Chi come noi sente forte il richiamo e il contatto con la Terra e con Madre Terra non può fare a meno di emozionarsi in circostanze come queste, in cui il culto del femminile è legato alla geologia e all’idrogeologia del luogo.
Le sensazioni emergono dal profondo, spesso sono ancestrali e affiorano con la forza di un moto liberatorio. Difficile raccoglierle tutte, ma forse il bello sta proprio nell’osservarle mentre emergono.
La Terra e il femminile… cosa c’è di più lontano dal sistema patriarcale scelto dalla Chiesa Cattolica? Eppure, nonostante la forzatura esercitata dalla condizione politico-religiosa nelle varie epoche, il femminile trova sempre la sua strada per emergere, spesso una strada velata, ma inevitabile, poiché il femminile, inscindibile dal concetto di fertilità, rappresenta l’essenza e la prosecuzione della vita stessa.

Maria di Magdala: una Sacerdotessa messa in ombra
di Marilinda Residori

davUna grotta è allo stesso tempo un luogo che è nascosto e che nasconde.
Entrando nella grotta santa della Maddalena si hanno entrambe queste sensazioni: la vera “Maddalena” ci è nascosta, ma q
uando la troviamo intuiamo che anche lei ci nasconde qualcosa.
Girando nella grotta, solo alla fine mi sono accorta del sopralzo nascosto dall’altare.

Dopo sensazioni pesanti e a tratti inquietanti finalmente un respiro di sollievo: lì sopra ci si sente bene, rilassati e tranquilli. Non a caso è stata messa in questo punto la statua di giovane donna sdraiata e languida.
Questo aspetto sensuale e fascinoso del femminile è proprio della Maddalena ma viene tenuto il più possibile nascosto a favore dell’ostentazione della sua “penitenza”.
Ma di cosa dovrebbe pentirsi Maddalena?
Di essere una donna libera, di non rientrare nello schema “moglie-madre”, di assomigliare alle antiche sacerdotesse della Dea Madre?
L’aspetto del femminile da celare è quello di giovane “vergine” impersonato dalla dea neolitica; la grande dea si manifestava come giovane amante, come madre del dio bambino e come anziana accoglitrice dei defunti. Nel ruolo di giovane è l’amante del dio solare o della vegetazione che muore, ma poi rinasce.
Maddalena si può vedere come la dea giovane, compagna di Gesù.
Il vaso di unguenti che la segue nella sua iconografia allude esplicitamente al “contenitore utero” sede della sessualità e della sacralità della vita, e per analogia anche alla grotta sacra come luogo di trasformazione silenzioso e protetto.
15 okUn dipinto che mi è stato sempre molto caro e che per molti anni ha contraddistinto il mio sito web è la Venere di Botticelli: la giovane dea nuda con i capelli rossi sciolti mi diceva qualcosa inconsciamente.
Pier mi aveva spiegato che il pittore era una specie di “iniziato” a conoscenze che dovevano rimanere segrete e che, con “la sua Venere” aveva riprodotto un’iconografia di Inanna-Ishtar-Astarte-Afrodite, la dea sumerica e medio orientale che rappresentava la manifestazione della Grande Dea come giovane amante.
Possiamo ipotizzare che si tratti fondamentalmente della stessa figura!
Maddalena nasconde quindi Venere, anzi l’Inanna dei Sumeri di 5000 anni fa!
Giovane amante di Dumuzi, dio solare e della vegetazione, quando questi muore, Inanna scende agli inferi, costringe la “sorella” che regna sui defunti (la manifestazione della Dea come accoglitrice dei defunti) a lasciarlo rivivere e tornano assieme in superficie… Quante volte abbiamo sentito questa storia!
Maddalena è la prima a vedere Gesù risorto. Alcuni vangeli apocrifi dicono chiaramente che era la compagna/amante di Gesù. Mi sembra che davvero si tratti della ennesima narrazione dello stesso mito.
Alla Santa Grotta questa “Maddalena”, erede delle sacerdotesse della Grande Dea, è nascosta ma non troppo: chi sa cosa cercare la trova.
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Come noi che con la percezione abbiamo trovato il punto dove si sta bene e con la vista abbiamo colto le allusioni della statua distesa e, guardando verso l’uscita, le simbologie delle vetrate.
Pier mi sussurra che nella lunetta sopra l’ingresso ci sono dei simboli di Inanna-Ishtar: la corona, il vaso, la candela.
I Compagnons, di cui l’autore delle vetrate fa parte la sanno lunga: uno degli attributi della dea Ishtar era quello di “protettrice dell’artigianato artistico” e loro hanno scelto proprio “Maddalena” come patrona.
Pier casualmente ha scoperto anche il significato originario del “calice” di unguenti che “Maddalena” ha sempre con sé e mi ricorda come in Sardegna avevamo interpretato la forma originaria dei nuraghe, ma questa è un’altra storia…

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Usciti dalla Grotta di Maria di Magdala ci siamo diretti, ormai affamati, nella adiacente “casa del pellegrino” attrezzata con un bel tavolone di legno, acqua, te e bevande calde, dove abbiamo potuto consumare il nostro pranzo al sacco con gli acquisti fatti al mattino in una piccola bottega di fronte all’albergo.
Rifocillati abbiamo ripreso il cammino per raggiungere la sommità del massiccio, dove si erge il santo pilone e si può camminare lungo la faglia, godendo di uno splendido panorama
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La percezione sul massiccio di Saint-Baume
di Fabrizio Marazzidav

Dalla grotta al Santo Pilone il tragitto è diviso in due parti. Il primo tratto è tutto in salita, al riparo dal vento e conduce alla sommità del massiccio, mentre il secondo tratto si sviluppa sulla cresta del massiccio stesso, ci consente di camminare lungo la faglia, ed è caratterizzato dal forte vento.
La percezione della spinta compressiva della faglia è possibile più nel primo tratto, prima di arrivare in cresta, dove tale spinta è esercitata verso monte e mai verso valle.
Raggiunta la quota massima invece, la percezione si fa difficile, decisamente condizionata dal forte vento.
Inizia il secondo tratto del tragitto, in cui, in alcuni punti, è complicato persino mantenere l’equilibrio e godersi lo splendido panorama.
Faticosamente raggiungo il Santo Pilone, ovvero una cappella ad unica aula intitolata a San Giacomo, ma dedica
davta a Maria di Magdala.
La cappella è situata lungo la traiettoria di ascesa quotidiana della Maddalena al Cielo ad opera degli Angeli.
Prima di entrare, compio un giro intorno, all’esterno. Alle spalle della cappella vi è il precipizio, ma la spinta geologica che si percepisce in questo punto del massiccio è respingente: mi spinge indietro, quasi a protezione rispetto alla presenza del burrone.
Sono curioso di addentrarmi nel piccolo edificio e mi dirigo verso la porta di ingresso, la luce è fortissima e solo quando sono al riparo del pronao antistante mi rendo conto che una grata di ferro mi impedisce l’accesso. L’ambiente interno è completamente differente da come me l’aspettavo.Tutte le pareti sono rivestite di materiale scuro e sulla parete opposta alla porta si staglia la statua bianca della Maddalena. Forse questo contrasto cromatico è voluto e rappresenta il contrasto tra le tenebre e la luce, ma in realtà a me sembra richiamare solo una soluzione architettonica troppo moderna, che trasmette poco qualunque messaggio, sia di natura geologica sia di natura spirituale.
Tuttavia mi accorgo della presenza di un campo energetico posto pressoché al centro della volta che chiude la sommità della cappella.
Si tratta di uno scarico di energia naturale a spirale di discrete dimensioni. Sono riuscito a percepirlo a distanza, cioè dalla porta di accesso.
Come accade molte volte le cappelle non sono realizzate in un luogo a caso, ma in un posto con emissione energetica particolare, scelto appositamente per suscitare specifiche sensazioni a chi vi si avvicina.

Gran parte della giornata è stata occupata dalla salita, e poi dalla discesa, dal massiccio attraverso il bosco.
L’ambiente naturale è sempre una porta di più facile accesso o un ponte tra le percezioni umane e l’ambiente circostante.
Anche in questo caso il bosco ha esercitato il suo fascino e ha reso la nostra lunga passeggiata un’occasione di connessione con la natura nella quale siamo stati immersi per diverse ore.
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La percezione nel Bosco Sacro sotto la Grotta
di Paola Marabini

Il mattino della nostra visita alla grotta c’era un bel sole. Di conseguenza, camminare nel bosco ombroso per salire alla grotta è stato molto piacevole.
Al bosco si accede tramite una stradina in terra battuta e ghiaia in mezzo ai campi.
Ci si sente molto in mezzo alla natura, le uniche forme che si distinguono dall’ambiente naturale sono i pochi edifici attorno ai quali si lasciano le auto.
Se non fosse per quelli e la strada, sembrerebbe di essere veramente in un luogo incontaminato dove si vedono solo campi, boschi e montagne rocciose.
La faglia ha s
davpinto e spinge verso il continente ed ha delineato un bel paesaggio mosso.
Giunti all’ingresso del bosco la sensazione yang che ci accompagnava fino a quel momento è mutata sensibilmente.
Da un percorso aperto e soleggiato siamo passati ad un corridoio lungo, fresco, coperto e con pareti e soffitto verde quercia. E’ la quercia l’albero più diffuso in questo bosco. Un albero che anticamente era ritenuto sacro in quanto alto e spesso colpito
dai fulmini durante i temporali. Fulmini che ionizzavano l’aria circostante modificando la sensazione e “sacralizzando” l’area. Albero dunque capace di mettere in comunicazione le forze terrestri con quelle celesti fungendo da tramite.
Una sorta di armonizzatore fra lo yang e lo yin.
Ottimo bosco quindi per accogliere riti magici e non. I profumi del bosco ci hanno accompagnati; muschio, erbe, terra.
Il percorso per arrivare ai piedi della grotta è stato a tratti più faticoso del dovuto. In alcuni punti ho avvertito la spinta della terra che ci “ributtava indietro” ed
davè sempre piacevole avvertire questa comunicazione fra noi e l’ambiente; fa’ sentire parte di tutto il sistema Terra.
Il bosco è stato anche scenario di momenti di dendroterapia: diversi di noi si sono cimentati nell’abbraccio dell’albero di turno.
Dopo un po’ al bosco ci si abitua e quando lo si lascia per ritornare nella natura aperta, quasi dispiace lasciarlo, ma noi lo abbiamo ringraziato per averci accolti e accompagnati fin su in cima, e ritorno.

Bella esperienza. Peccato che dalle mie parti non ci sono boschi…

Maria Magdalena è approdata a Marsiglia, ci racconta la versione ufficiale, ma quali sono state le sue influenze al di fuori della Provenza?
Ci sono anche in Italia Chiese o Cappelle dedicate a questa Santa? E che caratteristiche hanno i luoghi scelti per la loro costruzione?
Ce lo racconta Mariangela.

Alcune chiese dedicate a Maria di Magdala: un confronto tra la tipologia energetica dei siti
di Mariangela Migliardi

Dopo aver visitato i luoghi della Maddalena – la basilica di Ste Maximin la Ste Baume e la grotta del Massiccio della Ste Baume – e dopo aver condiviso le esperienze percettive con il gruppo, cercando risposte chiarificatrici sulla figura della Maddalena, è emersa l’idea di fare un confronto con altri siti ad essa dedicati, esaminati in Italia all’inizio del nuovo millennio.
I siti a cui si fa riferimento sono ubicati nell’astigiano, terra ricchissima di chiese romaniche e/o di origine romanica, databili tra il X e il XII secolo d.C.
Ciò che emerge nei luoghi dedicati alla Maddalena è la particolare radianza del sito, dovuta a caratteristiche geologiche e/o geofisiche ben definite, e la presenza di scorrimenti idrici non in compressione. Il richiamo è all’energia femminile legata alla madre Terra, quindi alla fertilità, all’accoglienza, alla generazione ed anche alla rigenerazione interiore. Queste caratteristiche portano ad ipotizzare un utilizzo molto antico di questi luoghi, che si prestavano per riti legati sia alla fertilità sia alle feste di solstizio ed equinozio. Questo a conferma di come la figura della Maddalena sia stata sovrapposta a probabili culti precedenti legati alla madre Terra ed all’acqua.
Lo studio aveva avuto inizio nell’astigiano con la supervisione del prof. Roberto Chiari, geofisico e petrografo, che ha accompagnato la nascita dell’Associazione GEA e tanto ci ha trasmesso.
Uno dei siti a cui si fa riferimento è la Chiesa di S. M. Maddalena in Borgata Maddalena di Refrancore (Asti), comune situato a nord del Tanaro, il fiume che divide longitudinalmente l’astigiano. La chiesa è di origine romanica ma attualmente visibile solo da due lati poiché inglobata in una fattoria, e la dedicazione è sicuramente dovuta ai Padri Agostiniani di Asti a cui questi beni in origine spettavano.
L’edificio sacro sorge sulla sommità collinare della borgata, con un piccolo sagrato che si apre frontalmente. L’area è interessata da una struttura antiforme, a panettone, con strati di sabbia calcarenitiche che immergono lateralmente. Grazie a questa struttura, e nonostante la presenza di paleosuolo sulla sommità, il luogo risulta molto radiante in quanto è la struttura antiforme ad essere particolarmente sollecitata. Il sottosuolo è interessato anche dalla presenza di scorrimenti idrici. Ponendosi nell’ascolto di questo luogo, chiari e percepibili sono i legami con riti ancestrali legati alla madre Terra e all’acqua.
Altro sito a cui si fa riferimento è la Chiesa di S. M. Maddalena di Mombaruzzo (AT), situata nel ricetto, il borgo fortificato risalente alla fine del primo millennio. Di origine romanica è stata poi ampliata nel XIV secolo, con caratteri neorinascimentali. La dedicazione alla Maddalena si può far risalire ai monaci Benedettini, di cui è attestata la presenza intorno all’anno mille.
La caratteristiche geologiche del sito, la collocazione sulla sommità del rilievo, la presenza di sabbie plioceniche e di acquiferi liberi accomuna le caratteristiche dell’area a quelle di altri siti dedicati alla Maddalena, ove si avverte una particolare radianza ed il richiamo all’energia femminile e alla madre Terra.
Tutto questo a riprova di come la figura della Maddalena sia stata associata a luoghi che richiamano i culti legati alla madre Terra ed all’acqua, alle feste propiziatrici della fertilità, alle molte dee e figure mitologiche legate alle fonti ed alle grotte, di cui i culti precedenti abbondavano, soppiantati poi dai molti santi e sante che il cattolicesimo ha, spesso e molto chiaramente, sovrapposto per cancellarne la figura e il culto.
Al fine di approfondire questi aspetti riporto qui di seguito alcune note sulla FIGURA DELLA MADDALENA, denominata anche LA SANTA DELLA VITA e sui legami con le origini dei culti precristiani.
Note tratte da “Barmasc, matrici precristiane dei riti di immersione” – Alina Piazza – Quaderni di cultura alpina, Priuli e Verlucca editori:
Il nome Maddalena rievoca un misto di immagini: negativa – la prostituta – e positiva – la convertita.
Sono tre le figure nel Vangelo che, rimaste distinte nella liturgia orientale, vengono confuse in una sola a partire dal secolo VI d. Cr., con Gregorio di Tours:
Una peccatrice anonima, che durante un banchetto in Galilea unge i piedi di Gesù, li asciuga con i capelli e ottiene il perdono;
Maria di Betania, sorella di Lazzaro e Marta, che ascoltava estatica le parole di Gesù invece di aiutare quest’ultima nei lavori manuali; durante una cena a Betania sparge un prezioso profumo sul capo del Signore.
Maria Maddalena, una ossessa liberata dai demoni, che segue Gesù in Galilea, assiste alla morte, trova il sepolcro vuoto e per prima vede Gesù risorto.
Alla base dei racconti sulla Maddalena e della rappresentazione raffigurata vestita dei suoi soli lunghi capelli è Maria Egiziaca, prostituta poi convertitasi e vissuta eremita e penitente nel deserto per trenta anni. Il suo culto venne portato in Provenza dai monaci d’oriente insieme al Cristianesimo. In occidente nessun luogo di culto ad essa dedicato è anteriore al decimo secolo.
Una santa dunque in parte “costruita”, fin dal VI sec. quando ancora era forte la necessità di coprire e far dimenticare i culti precedenti, e poi dal X-XI sec portata a grande notorietà dai canonici Agostiniani e soprattutto dai Cluniacensi, strettamente legata inoltre alle predicazioni delle Crociate del XII sec. Furono anche i Benedettini in particolare a diffonderne il culto.
In occidente viene rappresentata come una bellissima peccatrice, e al contempo penitente, anche se in apparenza non appare molto contrita. Con la Controriforma, senza perdere le sue caratteristiche di sensualità, viene rappresentata con il teschio e la croce.
La Maddalena è una figura estremamente ibrida: una santa che mostra tutta la forza della fede, insieme ad uno strascico di culti precristiani, culti della fertilità legati alle acque.
Le tracce portano in Provenza, lungo il Rodano, sulle coste del Mediterraneo, dove già vi erano stati i culti delle Dee Madri immerse nelle acque. La città di Marsiglia è stata l’anello di congiunzione tra l’Oriente e la terra francese, città dalle origine greche attraverso la quale i culti pagani, in particolare quello di Artemide, sono venuti in contatto con i culti celtici delle acque.
In Maria Egiziaca traspaiono i simboli delle dee Madri del Mediterraneo. Era forse una prostituta di Alessandria, una prostituta sacra del tempio di Venere che, ancora in età imperiale, si prostituiva ai marinai? Dei quali Venere era protettrice. Il leone, che aiuta a scavare la fossa per seppellirla, era il simbolo di Cibele.
Il 22 luglio, giorno dedicato a S. M. Maddalena, cade nel periodo in cui sorge la stella Sirio, in Egitto identificata con Iside e segnalava l’inizio della piena del Nilo. E’ il periodo più caldo, chiamato “canicola” e Sirio appartiene alla costellazione del Cane. La Maddalena ha il compito di proteggere le campagne in questo periodo di aridità e temporali.
In Carinzia (Austria) la Maddalena venne scelta per cristianizzare il culto di una dea della fertilità che aveva le stesse caratteristiche di Morrigan, la Dea Madre Terra Celtica Irlandese.
In età romana le antecedenti dirette sono le Matronae, divinità delle sorgenti; il culto era attestato anche negli stessi luoghi della Francia. Esse erano la fusione delle Ninfe greco-romane con divinità celtiche simili, sempre in numero di tre, ma indicanti una dea dal triplice aspetto. Non se ne conosce il nome, ma era la grande divinità femminile.
In Irlanda era la dea Brigit, cristianizzata in Santa Brigitta, culto diffuso dai monaci irlandesi. Era anche una dea delle fonti e delle acque termali, quindi una Minerva Medica. Era una dea della fertilità, quindi riti per favorire la fecondità umana.
Nella tradizione epica celtica era anche la triplice Macha, dalla chioma rossa, come quella della Maddalena, che rivela così la sua discendenza celtica.
Da ricordare anche Morrigan, che è la fata Morgana del ciclo Bretone, e Viviana, che ammalia Merlino.
Come i monaci irlandesi sovrapposero alla grande divinità celtica Santa Brigida, i monaci Benedettini plasmarono la figura morale e l’iconografia della grande Santa, che sola poteva sradicare la carismatica dea celtica della fertilità e delle sorgenti.
Vi è anche un’altra rappresentazione. Maria Maddalena venne definita “apostola tra gli apostoli”, colei che vide per prima il Signore dopo la sua Resurrezione. Già i primi Padri della Chiesa espressero l’idea che essa, con l’annuncio della Resurrezione, compensi l’antica colpa di Eva. La donna è stata la prima testimone della Resurrezione per riparare il danno provocato dalla disobbedienza di Eva. Eva era stata sorgente di male per Adamo, Maria Maddalena diventa principio di fede per gli uomini.
In una società che stava mutando la Maddalena ha rappresentato la sublimazione delle forze rappresentate dalla dea pagana, e dell’idea del male insito nella donna secondo la visione della chiesa. Maria Maddalena ha operato quindi un ribaltamento della figura della donna. In lei si congiungono il ricordo dei riti pagani della fertilità, evocati dalla prostituzione, e la nuova dignità, raggiunta con il Cristianesimo, di gioiosa rivelatrice della Vita Eterna. Il suo messaggio è di gioia e di vita, una vita non più strettamente fisica ma soprattutto spirituale.
Molto ci sarebbe da indagare sulla figura della Maddalena, nel suo rapporto con la spiritualità, con le sante cristiane e le dee della fertilità, molto anche sul luogo della sua reale sepoltura e sull’origine del suo culto. Molto si è scritto e molto resta ancora celato, ben custodito forse da chi realmente conosce. La Maddalena resta una figura fortemente evocatrice di molteplici e profondi significati, che sa parlare e dare risposte ai diversi livelli a cui è giunto l’uomo nel suo percorso evolutivo sul pianeta Terra.dav

A pomeriggio inoltrato ci rimettiamo in viaggio: ci aspetta una cena sul mare, al porto di Tolone. Lasciamo così la montagna e le sue temperature frizzanti per cambiare completamente clima. Sembra di esserci spostati di centinaia di km invece abbiamo percorso solo un’ora di strada.
Domani saremo a Porquerolles, la perla delle isole d’Oro: spiagge di sabbia fine, mare cristallino, sentieri ombrosi! Porquerolles, area protetta del Parco Nazionale di Port-Cros, conserva il fascino della Costa Azzurra autentica. Qui l’unico mezzo di circolazione è la bicicletta… non possiamo farci mancare questa esperienza!

davIl dono della geologia di Porquerolles: relax sull’isola
di Cristina Rovano

L’isola di Porquerolles è il proseguimento del massiccio delle Maures ed è costituita da un basamento di rocce metamorfiche ricoperte di sedimenti di origine alluvionale e glaciale del periodo Quaternario. La conformazione geologica e litologica di questa parte di Provenza è completamente differente da quella in cui abbiamo fatto esperienza nei due giorni precedenti: à Saint-Baume eravamo nella cosiddetta Provenza carsica, qui siamo nella Provenza cristallina. L’isola27 ok, con la sua forma a cornetto (croissant, direbbero i francesi), è un ampio sinclinale generato da spinte compressive e transpressive. Sono presenti, faglie e fratture provocate dalle suddette spinte e i corsi d’acqua sono racchiusi da falesie, in particolare sui lati meridionale ed orientale. Ho percepito una netta differenza tra la parte orientale ed occidentale dell’isola, come fosse divisa in due da una linea invisibile oltrepassata la quale tutto cambia. Probabilmente è la traduzione fisiologica delle sensazioni provocate da una faglia che separa trasversalmente l’isola in due zone geologicamente distinte.
Paola ci suggerisce di trascorrere la giornata nella spiaggia chiamata “Notre-Dame” a nord-est, nella parte dell’isola più distensiva. Qui è stato possibile rilassarci, godere della natura e dello splendido mare, chiacchierare amabilmente, ridere, scherzare, per qualcuno è sdavtato possibile sonnecchiare e per qualcun altro concedersi l’ultimo bagno della stagione.
Difficile lasciare questo magnifico luogo, ma come ogni bella cosa, anche il nostro viaggio sociale sta giungendo al termine. C’è ancora tempo per fare due passi nel borgo antico, tra ristorantini e negozietti di souvenir e per bere qualcosa di fresco all’ombra di un dehors, in attesa del traghetto, mentre capelli e indumenti umidi dopo il bagno in mare si asciugano al sole di settembre.

Il rientro sarà lungo per tutti, soprattutto considerando che alcuni, una volta arrivati a Milano, avranno ancora qualche ora di viaggio in treno o in auto prima di raggiungere le proprie abitazioni, ma nessuno si lamenta di questo: negli occhi dei miei compagni vedo solo contentezza e soddisfazione per l’avventura vissuta insieme in cui c’è stato spazio per momenti culturali, momenti percettivi e momenti di svago, relax e socializzazione.
Forse all’inizio l’idea di questo viaggio è parsa un po’ pazza, ma il viaggio è la metafora della vita, una splendida avventura che si può scegliere di vivere in diversi modi e con diversi approcci. E credo che uno dei modi migliori per trascorrere il proprio tempo su questa Terra sia quello di condividerlo con gli altri, scegliendo ottimi compagni di viaggio.