di Pier Prospero
Non utilizzando e non insegnando il conto delle “unità Bovis” nell’analisi geobiofisica dei luoghi e nei rilievi geobiologici propongo una diversa scala di valutazione che può servire agli Esperti per oggettivare la propria percezione dello scambio energetico del sito e la percezione dell’intensità del danno apportato da una zona di disturbo.
Nell’analisi geobiofisica è indispensabile determinare lo scambio energetico prevalente, cioè la matrice energetica del sito e questo si deve fare “ascoltandosi” e conoscendo le proprie reazioni alle diverse tipologie di scambio energetico del territorio. Se oltre a questo si vuole anche stabilire quanto impatta questo scambio energetico sul nostro benessere (in positivo o in negativo) allora si può utilizzare una scala di gradazioni di benessere e malessere che applicata come “domanda” in uno stato di adeguata concentrazione durante il sopralluogo permette di darsi una risposta proveniente dall’inconscio, non filtrata quindi dalle valutazioni degli aspetti razionali, scegliendo la “risposta” sulla quale si ha un sussulto, si prova un brivido, e facciamo girare il pendolo.
La domanda da porsi è: “quale effetto ha su di me questo posto?“
La risposta da scegliere è una delle sfumature della scala partendo dalla peggiore:
– è killer
– fa malissimo
– fa molto male
– fa male
– disturba molto
– disturba
– disturba appena un po’
– nessun effetto
– migliora appena un po’
– migliora
– migliora molto
– fa bene
– fa molto bene
– fa benissimo
Si tratta di una semplice scala per cui la sensazione provata viene definita come se si dovesse comunicarla.
Per l’analisi geobiofisica la prima “risposta”: è killer risulta superflua poiché difficilmente si incorrerà in questa situazione (se non si è finiti in un’area contaminata da radiazioni nucleari); la risposta è inserita per il rilievo geobiologico dove può invece presentarsi questa possibilità.
Infatti la scala si può utilizzare anche nel rilievo geobiologico per confermare l’individuazione delle zone di disturbo: una volta trovata la situazione ed evidenziate le zone di disturbo con i metri colorati o con i nastri adesivi colorati sul terreno o sul pavimento, si può effettuare un controllo della loro correttezza verificando quanto ci fanno male.
Basta aver provato in precedenza su posizioni sicure che effetto ci fanno e poi con l’esperienza il “catalogo” degli effetti rispetto alle zone di disturbo man mano si completa.
Ad esempio, ponendosi su un punto di massima attività del reticolo parallelo al nord (H) si dovrebbe ottenere “fa malissimo”; “fa molto male” o “fa male” a seconda della suscettività personale a quel tipo di disturbo. Analogamente dovrebbe succedere con un punto di massima intensità del reticolo diagonale (C). Se la risposta inconscia fosse invece “disturba” potremmo aver scambiato per un punto di massima intensità l’incrocio tra una “parete” del reticolo H o C con una “parete” del reticolo piccolo; in questo caso otteniamo la risposta adeguata alla “parete” del reticolo H o C ma non al punto di massima intensità quindi dovremo ricontrollare bene il lavoro fatto.
Naturalmente se ci poniamo sopra un quadrato di cartoncino rosso di 21×21 cm e ci chiediamo quale effetto ha su di noi quel posto c’è un rischio altissimo di auto-condizionamento nel selezionare la risposta sulla scala di possibilità.
Per ridurre questo rischio e rendere efficace la verifica occorre stare ad occhi chiusi, eliminare dalla mente l’immagine del cartoncino rosso (o della zona di disturbo trovata), aver pazienza e andare in una situazione di equalizzazione degli emisferi cerebrali in cui il sinistro non prevalga imponendo la sua conclusione “logica” ma si limiti a registrare la percezione del corpo in modo da renderla consapevole.
Vuol dire che non si può porsi sulla zona di disturbo trovata e chiedersi immediatamente che effetto ha su di noi per avere una risposta di verifica; occorre invece pazientare finché ci si sente di percepire quello che realmente ci comunica il posto, al di là di come lo abbiamo “chiamato” e di quello che abbiamo ritenuto giusto prima.
Un punto di massima intensità di un reticolo coincidente con la posizione di uno scorrimento veloce di acqua sotterranea o con una dislocazione locale della roccia potrebbe dare la risposta “è un posto killer“.
Infatti la somma dei due disturbi produce sulla persona irradiata una nocività con una capacità sinergica di colpire l’organismo che è superiore alla somma delle nocività dei due singoli disturbi, e questa nocività “esponenziale” potrebbe provocare una patologia con una probabilità molto elevata e in un tempo molto minore della media.
La stessa risposta la si potrebbe ottenere anche sulla linea di faglia di una piccola faglia distensiva dove solo 10 metri prima si aveva la risposta “fa benissimo”.
Occorre un po’ di esperienza nell’analisi dello scambio energetico per capire quando “fa benissimo” è una risposta di breve periodo, cioè vuol dire che in quel momento, permanendo poco tempo, la sensazione è che l’organismo tragga un grande vantaggio nello stare in quel posto, ma non si sa quanto tempo duri questo vantaggio prima di trasformarsi in un eccesso nocivo. Occorre provarci e “prendere nota” finché si capisce qual è il tempo per cui il posto fa benissimo senza andare in eccesso, ed è comprensibilmente necessario valutarlo nel caso di abitazioni o di posti in cui le persone soggiornino a lungo.
Bisogna ricordare che la troppa emittanza (cessione di energia da parte del substrato) fa male come la troppa assorbanza (assorbimento di energia da parte del substrato) ma lo farà in modi diversi poiché l’emittanza ci può mettere in contatto con altri tipi di frequenze oltre l’infrarosso, dall’ultravioletto alle microonde, quindi produrci una nocività percepibile come l’eccesso di yang (secco, surriscaldato, infiammato, contratto, rigido, ecc.) mentre la nocività di un’eccessiva assorbanza è legata all’assorbimento del nostro infrarosso (soprattutto quello termico) per cui può essere percepita come l’eccesso di yin (gelido, bagnato, flaccido, gonfio, ristagnante, ecc.).
Quello che avviene in realtà nell’organismo è che in corrispondenza delle zone di disturbo siamo irradiati da uno o più campi elettromagnetici naturali che hanno un effetto nocivo sulla funzionalità delle nostre cellule e del sistema di trasmissione delle informazioni, ma di questo restiamo inconsapevoli: nemmeno noi ipersensibili sentiamo la voce delle nostre cellule, la prima voce che ci arriva dal corpo è quella degli organi.
Purtroppo di solito quando una persona “sente” il malessere di un suo organo il danno può essere già avvenuto, ed essere anche grave.
Per questo è importante associare alla nocività percepita inconsciamente situazioni comprensibili come “mi sento gelido” anche se non rappresentano esattamente quello che ci succede fisiologicamente.
Vi invito a provare l’uso di questa scala di possibilità, alternativa a quella di Bovis, e a vedere se ne potete trarre vantaggio.
Inoltre vi sarei grato anche di eventuali critiche o consigli tratti dalle vostre esperienze.