RESOCONTO MEETING GEA 2024 di Antonella Dall’Oglio

Prima ad arrivare al punto di ritrovo del sesto meeting annuale GEA , l’hotel Falcon a Sant’Agata Feltria è la delegazione mantovana composta da Francesco, Daniela e Antonella. Sant’Agata ci accoglie con le strade ancora umide di pioggia, ma col sole, e dalla finestra delle stanze con una bellissima vista sul Convento di San Girolamo avvolto in un purpureo tramonto. Nel frattempo Cristina e Luca, partiti da Torino sono in coda prima sull’A1 e poi bloccati nel nodo di Bologna; infine arrivano poco dopo le 20, dopo un viaggio di più di sei ore, contemporaneamente a Francesco e Rebecca partiti da Sinalunga. Dopo i saluti e gli abbracci si conclude la serata cenando all’Osteria del Falcon. Gli altri partecipanti Paola, Alberto, Susanne e Rafael ci raggiungeranno direttamente a San Leo l’indomani.

Il mattino successivo partiamo per San Leo e già durante il tragitto osserviamo speroni rocciosi calcarei più o meno estesi innalzarsi dal piano della campagna. Saliamo i tornanti della rupe su cui sorge San Leo, costellati da una spettacolare fioritura di ciclamini, e giungiamo alla piazza della fontana neoclassica, dove ci aspettano Rafael e Susanne con Lila, la mascotte a quattro zampe che ci ha accompagnato anche lo scorso anno in Tuscia. Subito dopo arrivano Paola e Alberto e partiamo per la fortezza che sovrasta l’abitato con il pulmino, dato che non è più possibile salire con le auto dopo il crollo di una porzione della rupe nel 2014.

Il complesso si erge maestoso e possente e si comprende perché per secoli sia stata ritenuta una fortezza inespugnabile, tanto da essere proclamata nel 963 capitale del Regno Italico da Berengario II. Dal primo cortile si gode la vista sulla pianura a sud della rupe dove in lontananza si osservano calanchi e formazioni rocciose caratteristiche della zona di cui Francesco ci spiega l’origine geologica.

La rupe di San Leo, come altre formazioni ad esempio quella di San Marino, fa parte della cosiddetta Coltre della Val Marecchia , placche rocciose rigide appartenenti al dominio paleografico Epiligure, che galleggiano su terreni argillosi del dominio paleografico Ligure. Questa coltre gravitativa si è sovrapposta a quella marchigiana-romagnola durante l’orogenesi appenninica. La sovrapposizione di unità lapidee su terreni argillosi più erodibili ne favorisce l’erosione ad opera delle acque, creando una situazione di instabilità dei versanti.

Estratto Itinerari geologico-ambientali nella valle del Marecchia – https://ambiente.regione.emilia-romagna.it/it/geologia/geologia/geositi-paesaggio-geologico/itinerari/Itinerari-valle-Marecchia

Il forte di San Leo è il più noto tra le decine di castelli e fortificazioni del Montefeltro, e deve la sua millenaria fama di inespugnabilità alla sua posizione, situata su una placca di calcarenite ed arenaria bordata da pareti sub verticali alte anche più di 100 metri e circondata da rilievi argillosi poco acclivi e forme calanchive. Negli ultimi 10 secoli, le pareti rocciose e le rupi della placca, così come tutta l’area circostante, sono state interessate da numerosi e ripetuti fenomeni franosi, spesso ricordati e descritti nei documenti d’archivio, a volte con dettagli e rappresentazioni grafiche (Fonte: https://www.geologiemiliaromagna.it/rivista/2013-48-49_Guerra.pdf).

La rupe di San Leo è inoltre attraversata da faglie e da una fitta maglia di fratture che, intersecandosi con i piani di stratificazione, identificano prismi rocciosi più e meno grandi, il cui distacco causa cadute di massi dalle dimensioni diversissime, sino a determinare colossali frane di crollo, come quella avvenuta il 27/02/2014. I crolli e l’instabilità generale della rupe sono favoriti dal fatto che al piede delle rocce fratturate affiorano le Argille Varicolori, su cui l’erosione e i fenomeni franosi tipo colamenti, privano le pareti della base d’appoggio. L’evoluzione di questi dissesti minaccia la stabilità del borgo fortificato e delle mura del castello, per cui la rupe di San Leo continua ad essere oggetto di studi e di interventi di consolidamento (Fonte: https://geo.regione.emilia-romagna.it/schede/geositi/scheda.jsp?id=2145#:~:text=La%20rupe%20di%20San%20Leo%20%C3%A8%20l’esempio%20pi%C3%B9%20spettacolare,fortificato%20medioevale%20e%20del%20castello.).

Proseguendo la visita, salendo negli altri cortili da cui la vista spazia fino alla costa adriatica, siamo entrati nell’edificio principale che a partire dal 1200 con l’avvento della signoria dei conti di Montefeltro, poi divenuti duchi di Urbino, venne ampliato e abbellito. La magnificenza della rocca cessò nel 1631, quando con l’estinzione dei duchi, il territorio passò allo stato pontificio. La rocca venne adibita a carcere e nella sua cella più inospitale nel 1795 morì Giuseppe Balsamo più noto come Conte di Cagliostro figura enigmatica e controversa, medico, alchimista, avventuriero, massone; infatti oltre alle celle carcerarie, con gli inquietanti armamentari di tortura, nei piani superiori sono esposti gli strumenti e i materiali degli alchimisti e le tavole alchemiche.

La rocca mantenne la funzione carceraria fino al 1906 e vi furono imprigionati anche patrioti risorgimentali. 

La percezione già nel primo cortile evidenzia un disagio, un senso di nausea, che conferma  lo stato di instabilità della rupe come si evince dalla sua particolare conformazione geologica. Ormai persa l’ultima navetta che riporta al borgo siamo scesi lungo il sentiero pedonale per continuare nel pomeriggio la visita di San Leo. In particolare ci siamo soffermati nella Pieve preromanica dedicata all’Assunzione di Maria che la tradizione vuole abbia iniziato a costruire lo stesso San Leone. La parte più antica scavata nella roccia è il Sacello di San Leone a cui si accede da una porta esterna, all’interno reimpiegato nello strombo di una monofora si trova il fronte di un sarcofago forse antecedente all’VIII secolo, con la raffigurazione mistica di due pavoni. La chiesa ha una pianta a tre navate con le pareti esterne in blocchi di arenaria, mentre all’interno le colonne e i pilastri che le dividono sono elementi di reimpiego di epoca romana o tardo-antica, come i capitelli corinzi, che sormontano quattro delle sei colonne che si alternano ai sei pilastri. Nel presbiterio sopraelevato sulla cripta, è presente nell’incavo dell’abside centrale, un ciborio datato 882 d.C.  La caratteristica più sorprendente è comunque la facciata cieca a strapiombo sullo sperone a cavallo del quale è costruita la Pieve; si accede all’interno da due portali laterali sormontati da una loggetta cieca richiamo all’arte bizantino-ravennate. L’attuale assetto architettonico risale ai primi anni dell’anno mille quando venne quasi completamente ricostruita dopo un evento distruttivo, probabilmente un sisma.

Dal punto di vista energetico solo il sacello genera una sensazione di benessere, nella cripta si percepisce troppa umidità .  Quasi parallelo alla Pieve sorge poco distante il duomo in stile romanico-lombardo dedicato a San Leo consacrato nel 1173; fu edificato sull’area occupata da una precedente costruzione risalente all’VIII secolo di cui furono riutilizzati i materiali lapidei soprattutto marmi provenienti da un tempio romano di età imperiale. Quest’area era da sempre dedicata al culto, infatti sul fianco nord della cattedrale è presente una vasca lapidea che fungeva da ara sacrificale preistorica; salendo ancora un po’ si trova la  torre civica o campanaria sempre del XII secolo. Come la Pieve il portale d’ingresso è posto lateralmente sul fianco sud, dato che la facciata è posta su un  pendio scosceso.  Altre analogie: la pianta a tre navate con l’abside maggiore molto più ampia di quelle laterali, oltre alla presenza della cripta, la parte più antica e stilisticamente più pura della struttura romanica in cui è conservato il coperchio del sarcofago di San Leo, sul cui spiovente destro il santo incise il suo testamento spirituale.  Le tre navate sono separate da pilastri cruciformi alternati a colonne sormontate da capitelli corinzi del II secolo. Sono presenti singolari irregolarità come differenti livelli altimetrici nei basamenti e le finestre di sinistra che non corrispondono esattamente alle aperture speculari sulla parte destra. Le ricche decorazioni scultoree a bassorilievo, rappresentano animali, piante, fiori e simboli paleocristiani a manifestare la riscoperta della terra e la consapevolezza della bontà del creato. In particolare si distinguono l’uomo (telamone) e la donna incinta (cariatide) simbolo di umanità e fecondità.

Un ampio transetto, accessibile tramite un’elegante scalinata rinascimentale con balaustra, dove si trova l’altare si eleva notevolmente dalla navata a simboleggiare l’immagine biblica del monte dove avviene nella liturgia eucaristica l’incontro col Cristo. Questo schema medioevale delle tre chiese, cripta, aula dei fedeli e presbiterio accessibile solo al clero non è stato stravolto dal barocco a differenza di quanto è avvenuto per la maggior parte delle chiese romaniche.

Il duomo, la pieve e il convento francescano di Sant’Igne, che purtroppo abbiamo solo intravisto dato che è in restauro costituiscono un complesso monumentale religioso unico, testimonianza del ciclo romanico, dagli albori ( Pieve) fino ai primi accenni del gotico, presenti negli archi non più a sesto pieno delle navate laterali del Duomo.

La percezione energetica nel duomo è sembrata complessivamente buona.

Rientrati in albergo abbiamo concluso la serata con gli ottimi piatti tipici della zona.

Partenza per il Santuario della Madonna di Saiano che si erge su uno sperone di roccia alto 260 m s.l.m.. Scendiamo da Sant’Agata verso Nova Feltria, attraversiamo il Marecchia per poi risalire attraverso i boschi verso il Santuario. L’ultimo tratto lo percorriamo a piedi su un sentiero lungo il quale si trovano alcune tappe di preghiera e meditazione  a formare un itinerario spirituale per la salita. Il nome Saiano deriva da Saxum Jani , Sasso di Giano, facendo supporre la preesistenza di un tempio pagano in epoca romana. Il complesso è costituito da una chiesa dedicata alla Beata Vergine del Monte Carmelo, meta di pellegrinaggi sin dal 1300, una canonica e una torre circolare di datazione incerta (dal IX al XIV secolo), in origine con la funzione di avvistamento. La bellezza del panorama, e la luminosa giornata di sole infondono pace e serenità.

Francesco, della comunità religiosa Sposa di Sion che gestisce il santuario, racconta che oltre al culto mariano è molto forte la devozione popolare per la fecondità, infatti lateralmente al sagrato,  nella roccia è scavato un sedile che favorirebbe la gravidanza alle donne che vi si siedono.

In seguito ci fa visitare la torre in cui è stata ricavata la cella di un eremo su tre livelli che può ospitare una sola persona per un periodo di preghiera meditazione e silenzio, con la possibilità di partecipare ai momenti di preghiera comunitari del santuario. L’ospite religioso o laico è invitato ad autogestirsi per i pasti che può prepararsi nella piccola cucina con tutto l’occorrente ricavata nel primo vano, al secondo livello si trova un letto con un armadio, un tavolino, una libreria e un piccolo bagno, all’ultimo livello una piccola cappella per la preghiera. Alla fine facciamo incetta dei prodotti del santuario: miele, propoli, caramelle, oli e incensi.

Dalla terrazza sul retro della chiesa si gode la vista sul corso del Marecchia e percepisco un senso di distacco dalla vita quotidiana vorticosa e affannata e il desiderio di contemplazione.

Tra Montebello e Madonna di Saiano si osserva una articolata dorsale che dal crinale tra Uso e Marecchia si sviluppa in modo composito, con selle che ne interrompono la continuità, sino al fondovalle Marecchia. A nord le pareti rocciose segnano il passaggio tra la formazione epiligure di San Marino e le Liguridi sottostanti (Argille Varicolori della Val Samoggia), che in questa zona corrisponde a una superficie di accavallamento. Verso sud invece si osserva il passaggio stratigrafico alla Formazione del Monte Fumaiolo e alle Marne del Termina. Il contesto geologico è quello tipico della colata della val Marecchia. La propaggine di Madonna di Saiano è separata dal resto della dorsale tramite la vallecola del fosso Saiano e da coltri di frane complesse attive e quiescenti (Fonte: https://geo.regione.emilia-romagna.it/schede/geositi/scheda.jsp?id=2139).

Fonte immagine: https://www.rivieradibellezza.it/emilia-romagna/percorsi-e-itinerari/trekking-montebello-saiano/

Nel pomeriggio ci dirigiamo al castello di Montebello, una poderosa rocca le cui fondamenta poggiano sulla cima del monte a 436 m, posta a guardia della via che collegava il Montefeltro alla Toscana.  La prima costruzione fu una torre a pianta quadrata di epoca romana (III secolo), poi inglobata nella struttura del castello costruito intorno all’anno mille, con funzione strettamente militare; infatti il nome deriva dal latino Mons belli  e per qualche secolo fu teatro di assedi e battaglie. Nella seconda metà del 1400 fu trasformato in residenza signorile quando i conti Guidi Di Bagno, tuttora proprietari, subentrarono ai Malatesta.

La fama del castello è  soprattutto legata alla leggenda di Azzurrina una bimba di cinque anni che, nel solstizio d’estate del 1375, sparì nel nevaio della fortezza rincorrendo una palla e non fu più ritrovata.  Azzurrina era Guendalina la figlia del feudatario, nata albina. La mamma cercava di tingerle i capelli per nasconderne la diversità che in quell’epoca era considerata uno stigma sociale, ma i capelli degli albini assorbono poco il colore e la chioma di Guendalina acquistava solamente dei riflessi azzurrati da cui deriva il nome. Il padre per proteggerla la faceva sempre seguire da due guardie, che riferirono di aver sentito un urlo provenire dalla ghiacciaia quando la bimba sparì. Da allora pare che ogni lustro nella notte del solstizio d’estate, si senta provenire dal cunicolo del nevaio lo stesso urlo.  La leggenda continua fino ai nostri giorni, infatti nel solstizio d’estate del 1990 una troupe di fonici fece delle registrazioni con apparecchiature che catturarono tutte le frequenze; ogni cinque anni vengono ripetute e proposte all’ascolto dei visitatori, lasciando libera interpretazione.

Effettivamente possono essere un po’ inquietanti, anche perché in alcuni anni le condizioni atmosferiche sono avverse. Dopo aver completato il giro del castello ammirando una collezione di mobili, forzieri, cassapanche e bauli risalenti anche al 1300 e visto l’ingresso del famigerato nevaio, ci siamo diretti verso Torriana. Nei pressi di una cava il nostro geologo Francesco ci ha mostrato un affioramento di gessi. Si tratta di un piccolo lembo di gesso selenitico messiniano, tettonicamente compreso nelle Liguridi della colata della val Marecchia, interessato da attività estrattiva, dove affiora una parte della successione evaporitica con elementi di interesse stratigrafico e sedimentologico. Lungo il fronte di cava affiorano 3 banconi di gesso selenitico, nei quali si osservano grandi cristalli a coda di rondine separati da strati sottili di peliti bituminose. Sono la testimonianza di tre cicli evaporitici, di cui il secondo è attraversato da una superficie di dissoluzione. Il ciclo superiore è quello di maggiore spessore, in totale 15-20 m, troncato al tetto da una superficie di dissoluzione molto marcata con morfologie riconducibli a un paleocarsismo di età non precisabile. Il ciclo intermedio è composto da 5 m di gesso selenitico con i geminati a coda di rondine che crescono a partire da un livello di gessoruditi fini, a loro volta giacenti con contatto erosivo su peliti scure. E’ l’unica cava attiva in Emilia Romagna ad estrarre ancora gesso selenitico a grandi cristalli, a scopo ornamentale (Fonte: https://geo.regione.emilia-romagna.it/schede/geositi/scheda.jsp?id=2139).

Abbiamo concluso la serata con l’ultima cena di piatti tipici all’osteria del Falcon.

E’ arrivato l’ultimo giorno e siamo tutti dispiaciuti di doverci salutare.

Dedichiamo la mattinata alla visita di Sant’Agata partendo dal Convento di San Girolamo costruito nel 1500 per ospitare i padri della congregazione. Dal 2008 ospita il Museo delle Arti Rurali ricchissimo non solo di strumenti, suppellettili e manufatti della civiltà contadina, ma anche di collezioni di orologi, apparecchi radio, macchine fotografiche e macchine manifatturiere. Nelle varie sale sono ambientate un’aula scolastica della metà del secolo scorso, un’osteria, una cantina, laboratori di ebanisteria e stamperia. Sono presenti anche oggetti di Arte Sacra, paramenti e suppellettili provenienti dalla chiesa e dal convento. La chiesa annessa al convento è dedicata alla Beata Vergine delle Grazie e custodisce una bellissima pala d’altare che raffigura la Vergine col Bambino e ai lati genuflessi San Girolamo e Santa Cristina, e anche l’immagine della Madonna di Fontescarino venerata nella chiesa del vecchio convento da cui si trasferirono i frati quando a causa di una frana venne distrutto. Foto

Abbiamo poi proseguito per salire alla Rocca Fregoso che domina Sant’Agata dal Sasso del Lupo o Pietra Anellaria, una rupe di arenaria marnosa grigia, a strapiombo per tre quarti del perimetro, su cui fu costruita intorno all’anno mille dalla famiglia Cavalca dei Conti di Bertinoro che governarono fino al 1100. Con l’estinzione del Casato la roccaforte passò a diverse famiglie nobiliari, Guidi, Tarlati, Brancaleoni, Malatesta e infine ai Montefeltro che nella seconda metà del 1400 iniziarono a rimodernarla trasformandola da baluardo militare a dimora accogliente.  Alla fine  del 1500 la rocca subì ulteriori trasformazioni, venne sopraelevata di almeno due livelli e arricchita con opere d’arte, grazie alla famiglia genovese Fregoso. Nel 1781 venne trasformata in convento.

Nel 1835 il crollo della parte alta del Mastio Maggiore rese necessari lavori di restauro. Ulteriori dissesti del masso di arenaria, su cui è costruita la rocca, culminarono nel 1961 con il distacco di un enorme masso roccioso che ne rese instabile il cantonale nord. Gli ultimi restauri risalgono ai primi anni del 2000.  Attualmente il castello è famoso come Rocca delle Fiabe infatti è sede di istallazioni multimediali che in quattro sale raccontano il mondo della fiaba.

La percezione del luogo per quanto mi riguarda non è stata possibile a causa dell’eccessivo affollamento dovuto alla sagra del tartufo che ha fatto disperdere anche il nostro gruppo e dopo essere stati alla rocca, Francesco, Daniela ed io abbiamo deciso di rientrare a Mantova. Dopo aver salutato Cristina e Luca e Paola e Alberto,  ritrovati in mezzo alla ressa, ci siamo diretti verso la macchina attraversando di nuovo il mercato denso di profumi e umori alimentari.

Un ultimo sguardo a Sant’Agata lo diamo visitando il teatro Angelo Mariani costruito nel 1723, ricavandolo dal piano terra del Palazzone, un edificio pubblico commissionato nei primi anni del 1600 da Orazio Fregoso.  La sala è il teatro in legno più antico d’Italia, una graziosa bomboniera che Vittorio Gasmann scelse per registrare il programma televisivo Gasmann legge Dante.

Se non ci fosse stata tutta questa folla avremmo potuto approfondire la visita di Sant’Agata Feltria .

Durante il viaggio di ritorno arrivano le foto di Susanne e Rafael che sono andati a visitare il museo minerario Sulphur,  i messaggi di saluto di Francesco e Rebecca….. e anche il meeting Gea 2024 volge al termine.

GEOBIOLOGIA: LA NOCIVITA’ DELLE ZONE DI DISTURBO NATURALI E’ DIMOSTRATA SCIENTIFICAMENTE: conclusioni dello studio dell’Università di Vienna “Risikofaktor Standort” sugli effetti del luogo sulla salute

LA NOCIVITÀ DELLE ZONE DI DISTURBO NATURALI DELLA GEOBIOLOGIA È DIMOSTRATA SCIENTIFICAMENTE  da uno studio ufficiale dell’Università di Vienna, finanziato dallo stato austriaco:
CONCLUSIONI DELLO STUDIO  “RISIKOFAKTOR STANDORT” studio scientifico sugli effetti del luogo sulla salute umana
del prof. dr Otto Bergsmann  —

da: Bergsmann dr Otto  “Risikofaktor Standort”  Facultas Verlag, Wien 1990  —

 …

9. Conclusioni

9.1. Il disturbo dei processi di regolazione a causa di manifestazioni di energia sinora ignote si trascina come un filo rosso attraverso tutti gli esami svolti sui soggetti sani e sui portatori di patologie.

Le forme in cui questi difetti nella regolazione appaiono non sono da inserire nei quadri clinici della medicina poiché seguono principi biocibernetici.

Uno di questi principi dice che, rispetto ad un sistema non sottoposto a stress, un sistema già sottoposto a stress quindi un organismo già sollecitato o una parte già sollecitata di un organismo, reagiscono con più intensità e maggiore persistenza ad ogni minimo stimolo ulteriore.

L’influenza del posto dove si permane non dà luogo a processi che conducono inevitabilmente alla malattia.

È piuttosto un fattore di rischio che può intensificare l’effetto di altri fattori patogeni.

Fanno parte di questi fattori patogeni, fattori di rischio di altra natura quali ad esempio:

–       sostanze tossiche ambientali o da assunzione voluttuaria

–       eccessi alimentari

–       inquinamenti cronici occulti (es.: cucine economiche)

–       punti deboli condizionati geneticamente

–       fattori fisici di stress ambientale, soprattutto industriali ed atmosferici in diverse gamme di frequenza.

Solo nelle interazioni con questi altri fattori, il fattore di rischio dovuto al luogo può acquisire un’importanza patogena.

In base a questo è un nonsenso, al limite della ciarlataneria, definire le zone perturbate “zone cancerogene”, sebbene si debba tuttavia riportare che secondo König in qualche zona perturbata è stata riscontrata una radiazione gamma lievemente maggiore rispetto allo spazio limitrofo.

Spunti per nuove ricerche:

–       ulteriori esami sul comportamento dei neurotrasmettitori in caso di influenza del luogo e di stress relativo, soprattutto della serotonina.

–       Comportamento dei neurotrasmettitori in caso di esposizione prolungata.

–       Ricerche relative all’interazione dell’influenza del luogo con altri fattori di rischio, ponendosi l’interrogativo se ed in quale modo ne può derivare una malattia clinica.

–       Ricerche relative alla individuazione di zone di disturbo distinguibili in modo rabdomantico.

9.2. dai fatti sopraesposti si traggono le seguenti ovvie conseguenze per la prevenzione:

nella vita civilizzata, soprattutto in agglomerati urbani, non è sempre possibile evitare il disturbo dovuto al luogo. Spesso ciò è realizzabile solo con notevoli costi normalmente inaccettabili. Con una personale consapevolezza sanitaria è possibile, tuttavia, evitare gli altri fattori di rischio e minimizzare le conseguenze.

È certo che una delle misure di prevenzione più importanti è realizzare in ogni situazione una condotta di vita flessibile, con la quale evitare da una parte il disturbo prolungato dovuto alla permanenza su una zona perturbata e dall’altra parte ridurre i disturbi vegetativi.

Spunti per ulteriori ricerche:

–       esami relativi all’azione preventiva, escludendo altri fattori di rischio.

–       Esami relativi alla prevenzione passiva con “misure di protezione” nel senso più vasto.

9.3. dalla conclusione al punto 9.1. risulta come logica conseguenza che il cambiamento di sito non può sostituire la terapia medica.

In caso di malattie croniche e condizioni di sofferenza il cambiamento del sito può tuttavia essere di sostegno alla terapia medica.

Spunti per ulteriori ricerche:

–       raccolta ed analisi di relazioni su fallimenti terapeutici a causa dell’effetto del luogo di permanenza e su successi terapeutici verificatisi in seguito al cambiamento del sito.

–       Esami mirati prima e dopo aver spostato in altro luogo il letto di pazienti in terapia.

 

9.4. le conseguenze scientifiche dei test relativi al problema della tensione superficiale sono di ampia portata. L’essere umano è composto per il 72% di acqua e si deve presumere che le energie attive in superficie modifichino la struttura globale dell’acqua corporea (vedi sopra).

In tutti i processi vitali le membrane, cioè le superfici, sono coinvolte in modo determinante, per cui l’attività biologica delle membrane è determinata dalla loro tensione superficiale (più è bassa, tanto più sono attive).

Ogni emissione e riassorbimento dei neurotrasmettitori (ad es. la serotonina) avviene con il passaggio attraverso la membrana. In seguito a ciò tutte le funzioni neurali subiscono l’influsso della tensione superficiale, compresi i molto complessi sistemi di regolazione centrali e periferici.

Secondo Pischinger e Heine il sistema base è il sistema di informazione primario di tutti i sistemi biologici che dipendono dall’ossigeno (qui non occorre entrare nei dettagli della struttura molecolare). Può essere però descritto come colloide, la cui fase solida è caratterizzata da una forte saturazione di cariche negative, per cui tra i filamenti dei biopolimeri dello zucchero e gli sciami di molecole di acqua liquida-cristallina determina il grado di ordine e con questo la strutturazione della sostanza base, che oscilla quale sistema dissipativo (Heine).

L’acqua cristallina forma schiere di molecole disposte parallelamente e bidimensionali che non sono stabili nel tempo e che possono essere portate a stati di maggiore ordine da deboli forze esterne. Per la loro struttura molecolare queste schiere sono le più idonee per trasmettere le informazioni.

Secondo Heine, nel nesso con i polimeri dello zucchero queste schiere possono essere considerate come la base di tutte le interazioni sugli organismi pluricellulari in un raggio vicino e distante.

Sotto questo aspetto i fattori dovuti al luogo costituiscono una forza che è idonea ad influenzare la struttura molecolare dell’acqua e, con questa, la funzione del sistema di base.

In questo caso il sistema di base può essere considerato come un’enorme superficie interna tra la fase solida e l’acqua.

L’aumento della tensione superficiale in questo contesto significa una riduzione dell’energia che, adeguatamente alla funzione estesa della sostanza base, agisce su ogni settore vitale.

Secondo Heine i punti utilizzati per l’agopuntura sono caratterizzati da un accumulo organizzato della sostanza di base. Pertanto i nostri studi bioelettrici sull’effetto del luogo sui punti utilizzati per l’agopuntura possono essere impiegati anche per l’interpretazione dell’effetto del luogo sul sistema base.

I disturbi funzionali bioelettrici da noi riscontrati, in base ai fatti sopra esposti possono essere interpretati quali trasformazioni energetiche della struttura dell’acqua del sistema base.

Secondo i referti in nostro possesso e le riflessioni qui riportate, la diminuzione generale della capacità di reazione da noi riscontrata può essere attribuita ad una variazione primaria della tensione superficiale dell’acqua.

Spunti per ulteriori ricerche:

ulteriori ricerche di base devono essere applicate al problema della tensione superficiale e alla variazione funzionale dei punti utilizzati per l’agopuntura.

In questo caso è di particolare interesse l’azione dei campi elettro-meteorologici e dei campi creati artificialmente.

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CONTRO LE COSIDDETTE “SCHERMATURE” in geobiologia: i massimi esponenti del Forschungskreis für Geobiologie dichiarano che sono inutili – invitiamo vivamente medici e progettisti a non consigliarle ai loro clienti – il dr. Hartmann diceva che è veramente incredibile come questi strumenti possano essere offerti e come le persone si lascino convincere ad acquistarli

Il problema degli “strumenti antidisturbo” – le cosiddette “schermature” –
dichiarazioni inequivocabili sulla loro inutilità di alcuni dei massimi esponenti del Forschungskreis für Geobiologie “dr Ernst Hartmann” (FFG)

traduzioni simultanee della traduttrice professionale Serena Ederle raccolte dal dottor Pier Prospero durante i corsi frequentati a Waldbrunn

Günter Engelhardt, precedente presidente del FFG.
Waldbrunn 10.11.2001 Internationalen Expertentagung (Convegno internazionale degli esperti per il 40° anniversario della fondazione del FFG – 2.12.1961/2.12.2001):

«Il dottor Hartmann si era occupato di apparecchi schermanti poiché venivano costruiti normalmente dai rabdomanti ed erano molto usati.
In questa ricerca il dottor Hartmann aveva capito che non vi sono apparecchi che possono schermare le zone di disturbo e che l’unica soluzione è lo spostamento della persona in una zona non disturbata.
Successivamente aveva provato a fare delle schermature con delle lastre di piombo, ma le persone che vi dormivano sopra stavano male ugualmente, per la zona di disturbo e anche per il piombo!
Quindi l’unica vera soluzione è quella di evitare le zone di disturbo


Wilhelm Martin
(†), insegnante di elettrobiologia e diretto collaboratore del dr Ernst Hartmann, Presidente del FFG fino al 2000, poi Presidente Onorario.
Waldbrunn 17.3.2000  Corso professionale per “Geobiologische Berater”:

«Non si può rischiare con la legge sui medici. Bisogna attenersi all’analisi del luogo e non fare diagnosi sulle persone.
Le conseguenze di quello che si è trovato (con l’analisi del luogo) devono essere rimandate al medico.
Poi ci sono gli strumenti di schermatura. Questo è un grosso problema: anche persone scientificamente preparate che nelle conferenze affermano di non vendere questi aggeggi, poi si scopre che in realtà lo fanno; sono dei disonesti e non vi è alcun modo di trovare un accordo.
Con chi è onesto, anche se ha una visione diversa, occorre invece cercare un accordo poichè alla fine, sebbene per strade diverse, si arriva alla stessa conclusione.
Vi fu negli anni ’60 un processo ad un medico il quale, pur sapendo che non funzionava, voleva vendere uno strumento di schermatura. Alla fine sia il fabbricante che il medico furono condannati a pagare  una multa molto elevata.
Sugli strumenti di schermatura vi è una grave responsabilità dei loro produttori.
Hartmann diceva che è incredibile come questi strumenti siano offerti in tutte le pubblicazioni e come le persone si lascino convincere ad acquistarli.»


Hans Kauer,
docente al corso professionale per “Geobiologische Berater” e al Wassersuchkurs, più volte membro del Consiglio Direttivo del FFG

Waldbrunn 19.11.1999 al Corso professionale per “Geobiologische Berater”:

«Da me sono state eseguite molte prove per vedere se alcune cose migliorano l’energia di una casa. Sono stati messi: amuleti, fogli colorati, quarzo rosa, cristallo di rocca, apparecchi di schermatura, stuoie magnetiche sopramaterasso, fogli di allumminio, ionizzatori d’aria, ma nessuna di queste cose aveva effetto; finchè la persona dormiva sopra la vena d’acqua stava sempre male.
La persona non migliorava mai nonostante la presenza di tutte quelle apparecchiature o oggetti.
Apparecchi detti “di schermatura” messi sulla linea elettrica possono causare gravi problemi e confondere le misurazioni.
Non si possono avere schermature per energie del sottosuolo delle quali non sappiamo nulla.
Gli strumenti “antidisturbo” e i sistemi per “schermare” vene d’acqua e faglie sono solo imbrogli.
Il compito dell’esperto è quello di fare un buon lavoro per aiutare le persone, non quello di mettere schermature.»

Waldbrunn 17.3.2000 al Corso professionale per “Geobiologische Berater”:

«Ho testato uno strumento di schermatura e ho qui (la mostra) la relazione che ha redatto chi lo ha testato insieme a me: il risultato è che le emissioni rimangono per cui i presunti effetti dello strumento non esistono proprio. Non c’è nessuno strumento di schermatura che funzioni e bisogna lasciarli perdere definitivamente, altrimenti succederà ancora quello che mi è accaduto ad un convegno dove ero invitato come relatore e ho detto che prima di costruire le case bisogna analizzare il luogo e poi che è importante utilizzare i materiali biologici: i giornalisti che dovevano fare gli articoli sul convegno erano interessati invece agli “strumenti antidisturbo” e mi hanno imputato il torto di non averne parlato.»
(il ruolo deleterio della stampa in questo caso, come in altri ben peggiori viene sempre in evidenza…)


Walter Hesoun
, per più di vent’anni Direttore della Didattica del FFG, allievo del dr Ernst Hartmann

Waldbrunn 21.11.1999 al Corso professionale per “Geobiologische Berater”:

«Ora vi spiego come si testano gli apparecchi di “schermatura”: si lascia che l’apparecchio venga installato; una persona deve rimanere in presenza del geobiologo che compie l’operazione. Si nasconde l’apparecchio e si fa rilevare al geobiologo per 10 volte senza sapere se l’apparecchio c’è o non c’è.
Chi lo installa può riuscire al massimo ad indovinare la presenza dell’apparecchio 5 volte su 10, nessuno è mai riuscito a fare di più. In questo caso chi li mette dovrebbe arrivare anche da solo a capire che questi apparecchi non servono a niente.
È stato provato l’effetto di una Runa e si voleva che il disturbo fosse scomparso, invece dopo pochi anni la persona esposta è morta, quindi a livello medico la Runa messa dove c’era il letto non era servita a nulla.
Quelli che propongono le “schermature” provano loro stessi il funzionamento delle loro apparecchiature.
Io sono molto contrario a chi propone le schermature.»

Waldbrunn 17.3.2000 al Corso professionale per “Geobiologische Berater”:

«Sono stati eseguiti test in cieco anche con gli strumenti antidisturbo: eravamo in tre in una stanza, io e due che ci credevano, dei quali il terzo per controllare cosa succedeva.
Trovato uno scorrimento d’acqua, il geobiologo che proponeva la “schermatura” ha posizionato lo strumento antidisturbo da testare.
Il punto dove aveva messo lo strumento è stato segnato con del nastro adesivo in modo da poterlo rimettere esattamente.
Poi vi è stato messo sopra un tavolo con una tovaglia lunga fino a terra in modo da non poter vedere se lo strumento era presente o meno.
Si è messo lo strumento per 5 volte e tolto per 5 volte facendo eseguire ogni volta l’analisi in cieco al geobiologo che proponeva lo strumento.
I risultati sono stati esatti al 50% (5 volte su 10 ha rilevato esattamente se lo strumento era presente o se non c’era).
Vuol dire a caso e quindi io e il FFG invitiamo a non credere a questi strumenti di schermatura.
Invitiamo anche a fare attenzione ad accettare di testarli poichè il professor Koenig una volta aveva ricevuto uno di questi strumenti perchè lo testasse e aveva accettato di testarlo. Dopo i test aveva scritto una perizia in cui dichiarava che lo strumento non aveva nessuno degli effetti che avrebbe dovuto avere secondo il fabbricante, ma la perizia è stata usata dal fabbricante per farsi pubblicità affermando che il suo strumento era stato testato dal prof. Koenig. Nemmeno con una causa legale il prof. Koenig è riuscito a impedire questa cosa perchè, purtroppo, era vero che aveva testato lo strumento. Dopo questa esperienza il prof. Koenig non ha più accettato di eseguire test.»

Waldbrunn 9.6.2001 al Fachfortbildung:

«Il FFG non ammette la possibilità di togliere le energie: una vena d’acqua non può prima esserci e poi non esserci più. Se uno si immagina una vena d’acqua allora sì che è facile toglierla!
Sono stanco di sentir parlare di sistemi che annullano o modificano i campi energetici: ne ho testati trecento e non voglio testare il trecentunesimo!
Oggettivamente non ci sono sostegni a questi discorsi.
Ricordo anche che in Germania gli Heilpractiker, oltre a non poter prescrivere medicine, non possono nemmeno vendere nulla, quindi neanche gli apparecchi di “schermatura”.
L’effetto placebo è l’unica cosa che può succedere alle persone con gli apparecchi per togliere i disturbi; se io consegnassi un pezzo del mio fazzoletto ai miei clienti dicendo loro che serve per togliere i disturbi, loro ci crederebbero solo perché sono un esperto famoso; una parte di questi clienti potrebbe anche stare davvero meglio per l’effetto placebo, ma solo per poco tempo.
Rispetto alle stuoie magnetiche coprimaterasso, bisogna ammettere che hanno un loro funzionamento, ma sono molto scettico sul fatto che facciano bene; sul mio letto non voglio magnetizzazioni di nessun tipo, come non voglio molle.»


Ulrike Banis
, dottoressa in medicina, specializzata in chirurgia e ginecologia, esperta in agopuntura, autrice di numerose pubblicazioni, collaboratrice del FFG,

Waldbrunn 10.11.2001 al “Internationalen Expertentagung” (Convegno internazionale degli esperti per il 40° anniversario della fondazione del FFG – 2.12.1961/2.12.2001)

«Le nostre (dello “Studio Professionale Banis”, col marito) diagnosi forniscono la riprova della totale inefficacia degli strumenti antidisturbo e ci rifiutiamo di continuare a curare i pazienti che, invece di spostare il letto dalle zone di disturbo, fanno disporre uno di questi strumenti.
I pazienti devono mettere in pratica quanto loro prescritto, compresa l’analisi del posto del letto.
Gli esperti in Geobiologia devono convincere a tutti i costi le persone a spostare il letto da un posto disturbato. C’è sempre una reazione allo spostamento del letto, ma non sempre la persona si sente subito meglio.
La collaborazione dei medici con gli esperti in Geobiologia è indispensabile poichè i medici non possono ottenere alcun risultato finchè non è eliminata la fonte di disturbo geopatico.
Il nostro studio medico ha condotto un test per un magnete “schermante” mettendolo vicino ad una pianta, ma la pianta sottoposta al magnete è subito morta!»