RESOCONTO MEETING GEA 2024 di Antonella Dall’Oglio

Prima ad arrivare al punto di ritrovo del sesto meeting annuale GEA , l’hotel Falcon a Sant’Agata Feltria è la delegazione mantovana composta da Francesco, Daniela e Antonella. Sant’Agata ci accoglie con le strade ancora umide di pioggia, ma col sole, e dalla finestra delle stanze con una bellissima vista sul Convento di San Girolamo avvolto in un purpureo tramonto. Nel frattempo Cristina e Luca, partiti da Torino sono in coda prima sull’A1 e poi bloccati nel nodo di Bologna; infine arrivano poco dopo le 20, dopo un viaggio di più di sei ore, contemporaneamente a Francesco e Rebecca partiti da Sinalunga. Dopo i saluti e gli abbracci si conclude la serata cenando all’Osteria del Falcon. Gli altri partecipanti Paola, Alberto, Susanne e Rafael ci raggiungeranno direttamente a San Leo l’indomani.

Il mattino successivo partiamo per San Leo e già durante il tragitto osserviamo speroni rocciosi calcarei più o meno estesi innalzarsi dal piano della campagna. Saliamo i tornanti della rupe su cui sorge San Leo, costellati da una spettacolare fioritura di ciclamini, e giungiamo alla piazza della fontana neoclassica, dove ci aspettano Rafael e Susanne con Lila, la mascotte a quattro zampe che ci ha accompagnato anche lo scorso anno in Tuscia. Subito dopo arrivano Paola e Alberto e partiamo per la fortezza che sovrasta l’abitato con il pulmino, dato che non è più possibile salire con le auto dopo il crollo di una porzione della rupe nel 2014.

Il complesso si erge maestoso e possente e si comprende perché per secoli sia stata ritenuta una fortezza inespugnabile, tanto da essere proclamata nel 963 capitale del Regno Italico da Berengario II. Dal primo cortile si gode la vista sulla pianura a sud della rupe dove in lontananza si osservano calanchi e formazioni rocciose caratteristiche della zona di cui Francesco ci spiega l’origine geologica.

La rupe di San Leo, come altre formazioni ad esempio quella di San Marino, fa parte della cosiddetta Coltre della Val Marecchia , placche rocciose rigide appartenenti al dominio paleografico Epiligure, che galleggiano su terreni argillosi del dominio paleografico Ligure. Questa coltre gravitativa si è sovrapposta a quella marchigiana-romagnola durante l’orogenesi appenninica. La sovrapposizione di unità lapidee su terreni argillosi più erodibili ne favorisce l’erosione ad opera delle acque, creando una situazione di instabilità dei versanti.

Estratto Itinerari geologico-ambientali nella valle del Marecchia – https://ambiente.regione.emilia-romagna.it/it/geologia/geologia/geositi-paesaggio-geologico/itinerari/Itinerari-valle-Marecchia

Il forte di San Leo è il più noto tra le decine di castelli e fortificazioni del Montefeltro, e deve la sua millenaria fama di inespugnabilità alla sua posizione, situata su una placca di calcarenite ed arenaria bordata da pareti sub verticali alte anche più di 100 metri e circondata da rilievi argillosi poco acclivi e forme calanchive. Negli ultimi 10 secoli, le pareti rocciose e le rupi della placca, così come tutta l’area circostante, sono state interessate da numerosi e ripetuti fenomeni franosi, spesso ricordati e descritti nei documenti d’archivio, a volte con dettagli e rappresentazioni grafiche (Fonte: https://www.geologiemiliaromagna.it/rivista/2013-48-49_Guerra.pdf).

La rupe di San Leo è inoltre attraversata da faglie e da una fitta maglia di fratture che, intersecandosi con i piani di stratificazione, identificano prismi rocciosi più e meno grandi, il cui distacco causa cadute di massi dalle dimensioni diversissime, sino a determinare colossali frane di crollo, come quella avvenuta il 27/02/2014. I crolli e l’instabilità generale della rupe sono favoriti dal fatto che al piede delle rocce fratturate affiorano le Argille Varicolori, su cui l’erosione e i fenomeni franosi tipo colamenti, privano le pareti della base d’appoggio. L’evoluzione di questi dissesti minaccia la stabilità del borgo fortificato e delle mura del castello, per cui la rupe di San Leo continua ad essere oggetto di studi e di interventi di consolidamento (Fonte: https://geo.regione.emilia-romagna.it/schede/geositi/scheda.jsp?id=2145#:~:text=La%20rupe%20di%20San%20Leo%20%C3%A8%20l’esempio%20pi%C3%B9%20spettacolare,fortificato%20medioevale%20e%20del%20castello.).

Proseguendo la visita, salendo negli altri cortili da cui la vista spazia fino alla costa adriatica, siamo entrati nell’edificio principale che a partire dal 1200 con l’avvento della signoria dei conti di Montefeltro, poi divenuti duchi di Urbino, venne ampliato e abbellito. La magnificenza della rocca cessò nel 1631, quando con l’estinzione dei duchi, il territorio passò allo stato pontificio. La rocca venne adibita a carcere e nella sua cella più inospitale nel 1795 morì Giuseppe Balsamo più noto come Conte di Cagliostro figura enigmatica e controversa, medico, alchimista, avventuriero, massone; infatti oltre alle celle carcerarie, con gli inquietanti armamentari di tortura, nei piani superiori sono esposti gli strumenti e i materiali degli alchimisti e le tavole alchemiche.

La rocca mantenne la funzione carceraria fino al 1906 e vi furono imprigionati anche patrioti risorgimentali. 

La percezione già nel primo cortile evidenzia un disagio, un senso di nausea, che conferma  lo stato di instabilità della rupe come si evince dalla sua particolare conformazione geologica. Ormai persa l’ultima navetta che riporta al borgo siamo scesi lungo il sentiero pedonale per continuare nel pomeriggio la visita di San Leo. In particolare ci siamo soffermati nella Pieve preromanica dedicata all’Assunzione di Maria che la tradizione vuole abbia iniziato a costruire lo stesso San Leone. La parte più antica scavata nella roccia è il Sacello di San Leone a cui si accede da una porta esterna, all’interno reimpiegato nello strombo di una monofora si trova il fronte di un sarcofago forse antecedente all’VIII secolo, con la raffigurazione mistica di due pavoni. La chiesa ha una pianta a tre navate con le pareti esterne in blocchi di arenaria, mentre all’interno le colonne e i pilastri che le dividono sono elementi di reimpiego di epoca romana o tardo-antica, come i capitelli corinzi, che sormontano quattro delle sei colonne che si alternano ai sei pilastri. Nel presbiterio sopraelevato sulla cripta, è presente nell’incavo dell’abside centrale, un ciborio datato 882 d.C.  La caratteristica più sorprendente è comunque la facciata cieca a strapiombo sullo sperone a cavallo del quale è costruita la Pieve; si accede all’interno da due portali laterali sormontati da una loggetta cieca richiamo all’arte bizantino-ravennate. L’attuale assetto architettonico risale ai primi anni dell’anno mille quando venne quasi completamente ricostruita dopo un evento distruttivo, probabilmente un sisma.

Dal punto di vista energetico solo il sacello genera una sensazione di benessere, nella cripta si percepisce troppa umidità .  Quasi parallelo alla Pieve sorge poco distante il duomo in stile romanico-lombardo dedicato a San Leo consacrato nel 1173; fu edificato sull’area occupata da una precedente costruzione risalente all’VIII secolo di cui furono riutilizzati i materiali lapidei soprattutto marmi provenienti da un tempio romano di età imperiale. Quest’area era da sempre dedicata al culto, infatti sul fianco nord della cattedrale è presente una vasca lapidea che fungeva da ara sacrificale preistorica; salendo ancora un po’ si trova la  torre civica o campanaria sempre del XII secolo. Come la Pieve il portale d’ingresso è posto lateralmente sul fianco sud, dato che la facciata è posta su un  pendio scosceso.  Altre analogie: la pianta a tre navate con l’abside maggiore molto più ampia di quelle laterali, oltre alla presenza della cripta, la parte più antica e stilisticamente più pura della struttura romanica in cui è conservato il coperchio del sarcofago di San Leo, sul cui spiovente destro il santo incise il suo testamento spirituale.  Le tre navate sono separate da pilastri cruciformi alternati a colonne sormontate da capitelli corinzi del II secolo. Sono presenti singolari irregolarità come differenti livelli altimetrici nei basamenti e le finestre di sinistra che non corrispondono esattamente alle aperture speculari sulla parte destra. Le ricche decorazioni scultoree a bassorilievo, rappresentano animali, piante, fiori e simboli paleocristiani a manifestare la riscoperta della terra e la consapevolezza della bontà del creato. In particolare si distinguono l’uomo (telamone) e la donna incinta (cariatide) simbolo di umanità e fecondità.

Un ampio transetto, accessibile tramite un’elegante scalinata rinascimentale con balaustra, dove si trova l’altare si eleva notevolmente dalla navata a simboleggiare l’immagine biblica del monte dove avviene nella liturgia eucaristica l’incontro col Cristo. Questo schema medioevale delle tre chiese, cripta, aula dei fedeli e presbiterio accessibile solo al clero non è stato stravolto dal barocco a differenza di quanto è avvenuto per la maggior parte delle chiese romaniche.

Il duomo, la pieve e il convento francescano di Sant’Igne, che purtroppo abbiamo solo intravisto dato che è in restauro costituiscono un complesso monumentale religioso unico, testimonianza del ciclo romanico, dagli albori ( Pieve) fino ai primi accenni del gotico, presenti negli archi non più a sesto pieno delle navate laterali del Duomo.

La percezione energetica nel duomo è sembrata complessivamente buona.

Rientrati in albergo abbiamo concluso la serata con gli ottimi piatti tipici della zona.

Partenza per il Santuario della Madonna di Saiano che si erge su uno sperone di roccia alto 260 m s.l.m.. Scendiamo da Sant’Agata verso Nova Feltria, attraversiamo il Marecchia per poi risalire attraverso i boschi verso il Santuario. L’ultimo tratto lo percorriamo a piedi su un sentiero lungo il quale si trovano alcune tappe di preghiera e meditazione  a formare un itinerario spirituale per la salita. Il nome Saiano deriva da Saxum Jani , Sasso di Giano, facendo supporre la preesistenza di un tempio pagano in epoca romana. Il complesso è costituito da una chiesa dedicata alla Beata Vergine del Monte Carmelo, meta di pellegrinaggi sin dal 1300, una canonica e una torre circolare di datazione incerta (dal IX al XIV secolo), in origine con la funzione di avvistamento. La bellezza del panorama, e la luminosa giornata di sole infondono pace e serenità.

Francesco, della comunità religiosa Sposa di Sion che gestisce il santuario, racconta che oltre al culto mariano è molto forte la devozione popolare per la fecondità, infatti lateralmente al sagrato,  nella roccia è scavato un sedile che favorirebbe la gravidanza alle donne che vi si siedono.

In seguito ci fa visitare la torre in cui è stata ricavata la cella di un eremo su tre livelli che può ospitare una sola persona per un periodo di preghiera meditazione e silenzio, con la possibilità di partecipare ai momenti di preghiera comunitari del santuario. L’ospite religioso o laico è invitato ad autogestirsi per i pasti che può prepararsi nella piccola cucina con tutto l’occorrente ricavata nel primo vano, al secondo livello si trova un letto con un armadio, un tavolino, una libreria e un piccolo bagno, all’ultimo livello una piccola cappella per la preghiera. Alla fine facciamo incetta dei prodotti del santuario: miele, propoli, caramelle, oli e incensi.

Dalla terrazza sul retro della chiesa si gode la vista sul corso del Marecchia e percepisco un senso di distacco dalla vita quotidiana vorticosa e affannata e il desiderio di contemplazione.

Tra Montebello e Madonna di Saiano si osserva una articolata dorsale che dal crinale tra Uso e Marecchia si sviluppa in modo composito, con selle che ne interrompono la continuità, sino al fondovalle Marecchia. A nord le pareti rocciose segnano il passaggio tra la formazione epiligure di San Marino e le Liguridi sottostanti (Argille Varicolori della Val Samoggia), che in questa zona corrisponde a una superficie di accavallamento. Verso sud invece si osserva il passaggio stratigrafico alla Formazione del Monte Fumaiolo e alle Marne del Termina. Il contesto geologico è quello tipico della colata della val Marecchia. La propaggine di Madonna di Saiano è separata dal resto della dorsale tramite la vallecola del fosso Saiano e da coltri di frane complesse attive e quiescenti (Fonte: https://geo.regione.emilia-romagna.it/schede/geositi/scheda.jsp?id=2139).

Fonte immagine: https://www.rivieradibellezza.it/emilia-romagna/percorsi-e-itinerari/trekking-montebello-saiano/

Nel pomeriggio ci dirigiamo al castello di Montebello, una poderosa rocca le cui fondamenta poggiano sulla cima del monte a 436 m, posta a guardia della via che collegava il Montefeltro alla Toscana.  La prima costruzione fu una torre a pianta quadrata di epoca romana (III secolo), poi inglobata nella struttura del castello costruito intorno all’anno mille, con funzione strettamente militare; infatti il nome deriva dal latino Mons belli  e per qualche secolo fu teatro di assedi e battaglie. Nella seconda metà del 1400 fu trasformato in residenza signorile quando i conti Guidi Di Bagno, tuttora proprietari, subentrarono ai Malatesta.

La fama del castello è  soprattutto legata alla leggenda di Azzurrina una bimba di cinque anni che, nel solstizio d’estate del 1375, sparì nel nevaio della fortezza rincorrendo una palla e non fu più ritrovata.  Azzurrina era Guendalina la figlia del feudatario, nata albina. La mamma cercava di tingerle i capelli per nasconderne la diversità che in quell’epoca era considerata uno stigma sociale, ma i capelli degli albini assorbono poco il colore e la chioma di Guendalina acquistava solamente dei riflessi azzurrati da cui deriva il nome. Il padre per proteggerla la faceva sempre seguire da due guardie, che riferirono di aver sentito un urlo provenire dalla ghiacciaia quando la bimba sparì. Da allora pare che ogni lustro nella notte del solstizio d’estate, si senta provenire dal cunicolo del nevaio lo stesso urlo.  La leggenda continua fino ai nostri giorni, infatti nel solstizio d’estate del 1990 una troupe di fonici fece delle registrazioni con apparecchiature che catturarono tutte le frequenze; ogni cinque anni vengono ripetute e proposte all’ascolto dei visitatori, lasciando libera interpretazione.

Effettivamente possono essere un po’ inquietanti, anche perché in alcuni anni le condizioni atmosferiche sono avverse. Dopo aver completato il giro del castello ammirando una collezione di mobili, forzieri, cassapanche e bauli risalenti anche al 1300 e visto l’ingresso del famigerato nevaio, ci siamo diretti verso Torriana. Nei pressi di una cava il nostro geologo Francesco ci ha mostrato un affioramento di gessi. Si tratta di un piccolo lembo di gesso selenitico messiniano, tettonicamente compreso nelle Liguridi della colata della val Marecchia, interessato da attività estrattiva, dove affiora una parte della successione evaporitica con elementi di interesse stratigrafico e sedimentologico. Lungo il fronte di cava affiorano 3 banconi di gesso selenitico, nei quali si osservano grandi cristalli a coda di rondine separati da strati sottili di peliti bituminose. Sono la testimonianza di tre cicli evaporitici, di cui il secondo è attraversato da una superficie di dissoluzione. Il ciclo superiore è quello di maggiore spessore, in totale 15-20 m, troncato al tetto da una superficie di dissoluzione molto marcata con morfologie riconducibli a un paleocarsismo di età non precisabile. Il ciclo intermedio è composto da 5 m di gesso selenitico con i geminati a coda di rondine che crescono a partire da un livello di gessoruditi fini, a loro volta giacenti con contatto erosivo su peliti scure. E’ l’unica cava attiva in Emilia Romagna ad estrarre ancora gesso selenitico a grandi cristalli, a scopo ornamentale (Fonte: https://geo.regione.emilia-romagna.it/schede/geositi/scheda.jsp?id=2139).

Abbiamo concluso la serata con l’ultima cena di piatti tipici all’osteria del Falcon.

E’ arrivato l’ultimo giorno e siamo tutti dispiaciuti di doverci salutare.

Dedichiamo la mattinata alla visita di Sant’Agata partendo dal Convento di San Girolamo costruito nel 1500 per ospitare i padri della congregazione. Dal 2008 ospita il Museo delle Arti Rurali ricchissimo non solo di strumenti, suppellettili e manufatti della civiltà contadina, ma anche di collezioni di orologi, apparecchi radio, macchine fotografiche e macchine manifatturiere. Nelle varie sale sono ambientate un’aula scolastica della metà del secolo scorso, un’osteria, una cantina, laboratori di ebanisteria e stamperia. Sono presenti anche oggetti di Arte Sacra, paramenti e suppellettili provenienti dalla chiesa e dal convento. La chiesa annessa al convento è dedicata alla Beata Vergine delle Grazie e custodisce una bellissima pala d’altare che raffigura la Vergine col Bambino e ai lati genuflessi San Girolamo e Santa Cristina, e anche l’immagine della Madonna di Fontescarino venerata nella chiesa del vecchio convento da cui si trasferirono i frati quando a causa di una frana venne distrutto. Foto

Abbiamo poi proseguito per salire alla Rocca Fregoso che domina Sant’Agata dal Sasso del Lupo o Pietra Anellaria, una rupe di arenaria marnosa grigia, a strapiombo per tre quarti del perimetro, su cui fu costruita intorno all’anno mille dalla famiglia Cavalca dei Conti di Bertinoro che governarono fino al 1100. Con l’estinzione del Casato la roccaforte passò a diverse famiglie nobiliari, Guidi, Tarlati, Brancaleoni, Malatesta e infine ai Montefeltro che nella seconda metà del 1400 iniziarono a rimodernarla trasformandola da baluardo militare a dimora accogliente.  Alla fine  del 1500 la rocca subì ulteriori trasformazioni, venne sopraelevata di almeno due livelli e arricchita con opere d’arte, grazie alla famiglia genovese Fregoso. Nel 1781 venne trasformata in convento.

Nel 1835 il crollo della parte alta del Mastio Maggiore rese necessari lavori di restauro. Ulteriori dissesti del masso di arenaria, su cui è costruita la rocca, culminarono nel 1961 con il distacco di un enorme masso roccioso che ne rese instabile il cantonale nord. Gli ultimi restauri risalgono ai primi anni del 2000.  Attualmente il castello è famoso come Rocca delle Fiabe infatti è sede di istallazioni multimediali che in quattro sale raccontano il mondo della fiaba.

La percezione del luogo per quanto mi riguarda non è stata possibile a causa dell’eccessivo affollamento dovuto alla sagra del tartufo che ha fatto disperdere anche il nostro gruppo e dopo essere stati alla rocca, Francesco, Daniela ed io abbiamo deciso di rientrare a Mantova. Dopo aver salutato Cristina e Luca e Paola e Alberto,  ritrovati in mezzo alla ressa, ci siamo diretti verso la macchina attraversando di nuovo il mercato denso di profumi e umori alimentari.

Un ultimo sguardo a Sant’Agata lo diamo visitando il teatro Angelo Mariani costruito nel 1723, ricavandolo dal piano terra del Palazzone, un edificio pubblico commissionato nei primi anni del 1600 da Orazio Fregoso.  La sala è il teatro in legno più antico d’Italia, una graziosa bomboniera che Vittorio Gasmann scelse per registrare il programma televisivo Gasmann legge Dante.

Se non ci fosse stata tutta questa folla avremmo potuto approfondire la visita di Sant’Agata Feltria .

Durante il viaggio di ritorno arrivano le foto di Susanne e Rafael che sono andati a visitare il museo minerario Sulphur,  i messaggi di saluto di Francesco e Rebecca….. e anche il meeting Gea 2024 volge al termine.

CORSO BASE di GEOBIOFISICA e GEOBIOLOGIA ad Albugnano (AT) – 14/15 SETTEMBRE 2024

Propedeutico al corso avanzato

Il Corso Base ad Albugnano, presso la Canonica di Santa Maria di Vezzolano, è l’approccio più completo ai fondamenti della Geobiologia e della Geobiofisica, prima del corso avanzato. Nel suo svolgimento si prevedono lezioni teoriche, che introducono tutti gli argomenti del corso avanzato, e prove pratiche atte a portare i corsisti a valutare le proprie capacità percettive in relazione alla geologia del luogo.   

La parte teorica si svolgerà in una struttura attrezzata per convegni (presso Az. Agricola Sperimentale di Vezzolano), mentre la parte esperienziale si svolgerà all’aperto, in un percorso che si estende lungo la strada ed i sentieri nei pressi della Canonica di Santa Maria di Vezzolano e all’interno della chiesa stessa e del chiostro.

E’ infatti prevista una passeggiata a tappe, in un paesaggio molto gradevole. Si tratta di un percorso percettivo-esperienziale dove sarà possibile vivere in prima persona l’interscambio energetico tra il substrato geologico e noi stessi, cioè sarà possibile percepire “l’energia del luogo” in alcune sue diverse manifestazioni. Al termine della passeggiata si potranno trarre le conclusioni confrontando la geologia del sito e lo scambio energetico percepito da ognuno.

Il complesso architettonico romanico riveste una grande importanza storica, nazionale ed internazionale. La Canonica di Santa Maria di Vezzolano è stata ufficialmente inserita, nel settembre 2008, nel progetto dei percorsi europei della Transromanica, Associazione Internazionale riconosciuta dal Consiglio Europeo come “Major European Cultural Route”, che ha l’obiettivo di preservare il patrimonio romanico europeo e di diffonderne la conoscenza.

Condurranno il Corso Base tre esperti in analisi elettromagnetica dei luoghi dell’Istituto GEA: Mariangela Migliardi, Cristina Rovano, Marino Zeppa.

PROGRAMMA

Sabato 14 settembre 2024 – dalle ore 9,30 alle 18,30

 9,30 – 10,00: registrazione degli iscritti e consegna dei materiali didattici.

10,00 – 12,30: presentazione dell’Associazione/Istituto GEA e del Corso Base.

Lezione teorica su geobiofisica, geobiologia ed elettrobiologia.

12,45 – 14,00: pranzo leggero al punto ristoro presso parcheggio Canonica.

14,15 – 15,30: presentazione del percorso di percezione geobiofisica con l’inquadramento della

Geologia del luogo. 

15,30 – 16,00: esercizi di autoregolazione energetica per il radicamento e la percezione.

16,00 – 18,00: ricerca campi tecnici del trasformatore nascosto;

prova della ricerca dell’acqua all’aperto, nei pressi di un pozzo.

18,00 – 19,00: discussione sui risultati delle prove individuali  

20,00 – 22,00: Cena in Agriturismo “Le Rondini” – Primeglio (Passerano Marmorito).

Domenica 15 settembre 2024    dalle ore 8,30 alle 17,00

8,30 Colazione presso il B&B Lo scudiero

9,00 Spostamento verso il luogo di partenza del percorso a VEZZOLANO

9,30 –10,00: esercizi di autoregolazione energetica per il radicamento e la percezione.

10,00-13,00: inizio esperienza lungo il percorso individuato, percezione campi energetici di faglie,

acqua sotterranea scorrente in frattura e altri punti significativi.

Visita e percezioni alla Chiesa di Santa Maria di Vezzolano e al chiostro.

13,00- 14,00:  pranzo leggero al punto ristoro presso parcheggio Canonica 

14,00-15,30:   prosecuzione percorso e punti di percezione

15,30 – 16,30: condivisione dei risultati e delle esperienze dei presenti e discussione sui risultati

16,30-17,30: conclusione del Corso, discussione sui risultati del test per permettere l’autovalutazione e consegna degli attestati di partecipazione, che danno l’accesso alla prossima edizione del Corso Avanzato di analisi geobiofisica e geobiologica dei luoghi.

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Indicazioni per l’iscrizione

Il Corso Base è riservato ai soci dell’Associazione “GEA, Geobiologia e Ambiente” pertanto per partecipare è necessario essere iscritti all’Associazione ed essere in regola con il versamento della quota per l’anno 2024 di Euro 30.

Per info sul CORRISPETTIVO DELLE SPESE del corso base scrivere a gea@geobiologia.it

Per l’iscrizione, da effettuarsi entro la fine di agosto, inviare un whatsapp al Cell. 333 6637264 (Mariangela) o un e-mail a mariangela.migliardi@gmail.com. Sarete ricontattati al più presto.

Indicazioni per il pernottamento

B&B “Lo Scudiero” – Passerano Marmorito, Borgata Boscorotondo

Cell. 333 891 4751

Costo camera singola Euro 40,00; camera doppia Euro 70,00.

Prenotare direttamente il pernottamento citando l’Associazione  GEA e il Corso presso Santa Maria di Vezzolano

Poiché l’astigiano nel mese di settembre è molto frequentato per rinomati eventi enogastronomici, è necessario prenotare la struttura ricettiva al più presto, e comunque entro la fine di agosto. In caso contrario sarà necessario ricercare un’altra struttura.

Segnalare alla struttura eventuali intolleranze alimentari, per una migliore colazione.

Anche all’Associazione GEA segnalare le eventuali intolleranze alimentari, etc., al fine di organizzare al meglio la cena del sabato in agriturismo “Le Rondini” a Primeglio di Passerano Marmorito.

PROGRAMMA MEETING SOCIALE 2024

10 – 13 0ttobre

VALMARECCHIA TRA MITI, LEGGENDE E GEOLOGIA

Nell’ entroterra di Rimini, all’estremità sud dell’Emilia Romagna, c’è una valle incantata fatta di panorami mozzafiato e paesini autentici.
È la Valmarecchia, la valle romagnola solcata dall’omonimo fiume, al confine tra Toscana e Marche: un territorio di verdi colline costellate da villaggi, torri e castelli.
Grazie all’ itinerario del meeting sociale, ad ottobre, andremo insieme alla scoperta di questo territorio, visitando alcuni dei suoi borghi più affascinanti.

Data partenza: 10/10/2024 – Data ritorno: 13/10/2024 – Durata viaggio: 4 giorni – 3 notti – Viaggio e spostamenti con mezzi propri

giovedì 10 ottobre

Arrivo al Falcon Hotel. Il Falcon Hotel si trova a pochi passi dal centro storico di Sant’Agata Feltria, un borgo medioevale immerso nell’Appennino Tosco-Romagnolo https://www.falconhotel.it/ .

Trattamento di mezza pensione – Ristorante: 1 primo tipico, 1 secondo con contorni, dessert (è inclusa l’acqua ai pasti, sono esclusi vini, bevande caffè e digestivi) – Sistemazione in camera doppia 68,00 euro al giorno a persona – Supplemento singolo 15,00 euro al giorno.

Bambini 0-3 gratis, 3-8 anni 50% di sconto.

Prenotare direttamente in struttura facendo riferimento al Meeting Sociale dell’Istituto Gea. Una volta contattato l’albergo inviare comunicazione alla mail dell’Istituto (gea@geobiologia.it) o contattare il referente Francesco (cell. 3492136886).

IMPORTANTE Il meeting è riservato ai soli associati. Per la partecipazione è necessario effettuare , entro e non oltre il 1 ottobre, l’iscrizione (modulo reperibile sul sito https://www.geobiologia.it/?page_id=128) e il versamento della relativa quota associativa per l’anno in corso di € 30 (NOTA BENE il versamento andrà fatto dopo che la domanda sarà stata accolta).

venerdì 11 ottobre

Mattina: Visita al castello e alle prigioni di Cagliostro. Partenza navetta ore 10.40 da Piazza Dante. Pranzo in loco.

Il possente masso calcareo di San Leo, trasportato nel Miocene dal Tirreno verso l’Adriatico, con le pareti perimetrali scoscese e perpendicolari al suolo, costituisce di per sé una fortezza naturale.

Pomeriggio: Visita alla Pieve preromanica di Santa Maria Assunta e del paese.

Posizionata accanto al Duomo, è la costruzione più antica di San Leo. L’interno è a tre navate e ha una cripta dedicata alla Madonna. Questa piccola pieve , risalente al IX secolo, ci ha affascinato. Si tratta del più antico monumento religioso di San Leo e del Montefeltro . È un edificio in pietra arenaria e calcarea, fondata sulla roccia viva , espressione dell’ architettura protoromanica. La pieve, dedicata a santa Maria Assunta, sorge sul primitivo sacello di San Leone, cui si accede da una porta esterna. L’ interno si presenta a tre navate coperte da capriate, divise da pilastri e colonne di reimpiego, frammenti di epoca romana appartenenti ad altre costruzioni . 

sabato 12 ottobre

Mattina: Visita al santuario Madonna di Saiano, ai Gessi di Poggio Torriana e pranzo in loco a Poggio Torriana.

Posto su una suggestiva roccia della Valmarecchia, questo santuario è costituito da una piccola chiesa, risalente al XIV secolo, che si trova sulla sommità della grande roccia vicina ad una torre cilindrica d’avvistamento oltre ad una casa parrocchiale. L’ultimo tratto per raggiungere il santuario è rappresentato da un suggestivo sentiero scavato nella roccia. La chiesa, realizzata in pietra, è un edificio semplice e lineare con un piccolo campanile a vela. Anche l’interno è semplice con la statua della Madonna posta sull’altare. Un luogo, circondato da uno splendido panorama, dove il silenzio è rotto solo dal rumore del vento.

Pomeriggio: Visita al castello di Montebello (o di Azzurrina)

Aperto sabato dalle 14.30 alle 17.30. Il prezzo per gruppi è di 6.00€ a testa.

Nell’entroterra di Rimini, la Rocca di Montebello di Torriana domina elegante la valle del Marecchia e dell’Uso, dall’alto dei suoi 436 metri: l’affascinante percorso tra storia, arte e natura è reso ancor più misterioso e magico per la leggendaria presenza di Azzurrina, ovvero Guendalina la bambina con “… gli occhi color del cielo e i capelli chiari coi riflessi azzurrini …” scomparsa nel lontano 1375 che ancora – secondo gli appassionati di fantasmi e paranormale – si rivela.
Se la Rocca fu anticamente teatro di numerose battaglie, oggi offre ai visitatori la quiete silenziosa di un panorama mozzafiato che incanta.

domenica 13 ottobre

Mattina : Colazione e visita al paese di Sant’Agata Feltria. Spostamento a Petrella Guidi il quale era uno dei tredici castelli del vicariato di Sant’Agata Feltria, ed ha origini antichissime. Pranzo in loco.

La porta del Castello vede scolpiti i simboli del potere: gli stemmi dei Malatesta e della Chiesa. Le origini sono remote: reperti rivelano tracce romane.
Ai piedi della Torre un omaggio del poeta Tonino Guerra a Federico Fellini e Giulietta Masina.

Pomeriggio: dopo ultimo pranzo insieme si rientra a casa.

POTETE SCARICARE LA BROCHURE DEL MEETING QUI:

Resoconto giornata associativa 2024 – La Sacra di San Michele

Sacra San Michele, Monastero, Torino

di Cristina Rovano

Sabato 13 aprile 2024 ho coronato un piccolo sogno.

Come piemontese, ho vissuto diversi anni in bassa Valle di Susa, dove il panorama quotidiano non può prescindere dall’imponente presenza della Sacra di San Michele. Sabato, sono finalmente andata alla Sacra insieme ad un cospicuo numero di amici dell’Istituto Gea, la nostra associazione di geobiologi.

Amici non solo piemontesi, alcuni sono arrivati dalla Lombardia, dal Veneto, dalla Liguria. Al mattino si è svolta l’assemblea annuale, in centro città, presso il mio studio, poi, a differenza degli altri anni, non abbiamo proseguito con il pranzo a Torino e con la percezione di alcuni punti della Torino “magica”, bensì abbiamo preso la metropolitana per spostarci in direzione della Sacra, ad ovest, al capolinea Fermi di Collegno. Qui un piccolo ristorante di cucina vegetale dalle portate gustose e abbondanti è stato lo sfondo del nostro pranzo sociale e l’occasione di conoscere le nostre guide, Enrico e Monica, che ci avrebbero regalato un punto di vista differente da quello che si legge sulle guide turistiche. Dopo dolce e caffè, abbiamo raggiunto le auto che ci aspettavano al parcheggio già dal mattino e ci siamo messi in viaggio verso la destinazione pomeridiana. Arrivati fin dove è consentito con i mezzi, ci siamo avvicinati a piedi all’Abbazia di San Michele della Clusa, nome corretto dell’edificio. Ricordo quando, alcuni anni fa, sono salita a piedi da Sant’Ambrogio alla Sacra, percorrendo una delle due antiche mulattiere che si inerpicano sul monte Pirchiriano. Per raggiungere i luoghi dell’arcangelo Michele occorreva faticare parecchio.

Era un po’ come doversi meritare il paradiso.

Nel tragitto a piedi abbiamo notato le rocce del monte, soprattutto quelle di un colore verde intenso, più scuro e più chiaro. Sono rispettivamente serpentiniti e pietre verdi, entrambe metamorfiche di origine magmatica provenienti le prime dal mantello e le seconde dalla dorsale oceanica.

Immagine tratta dal dossier didattico Sacra Natura della Sacra di San Michele curato da Meridiani, società scientifica (www.imeridiani.net) per conto della Regione Piemonte

Sono rocce antiche, di 150-200 milioni di anni fa, quando le Alpi non erano ancora formate e vi era invece la presenza dell’Oceano Ligure Piemontese, che divideva l’antica Africa dall’antica Europa. A causa dei movimenti tettonici, le due placche continentali iniziarono ad avvicinarsi finchè, a partire da circa 80 milioni di anni fa, dal loro scontro si sollevarono le Alpi. È quindi diffuso trovare nelle rocce alpine tracce dell’ oceano scomparso e delle placche Paleo-Europea e Paleo-Africana. 

La prima tappa percettiva è stata ai resti di quell’edificio chiamato Sepolcro dei Monaci, che però è privo di sepolture. Un edificio a pianta ottagonale precedente alla Sacra, che si ergeva qualche metro più in basso. Sull’ottagono si leggono ancora le tracce di otto cappelle, quattro a pianta semicircolare e quattro a pianta quadrata, disposte in modo alternato. La parte più conservata è quella verso est.  Appena entrati in quella che era la zona della costruzione si è percepita chiaramente l’emissione forte di quel luogo. Il corpo ha iniziato a formicolare. Un punto particolare è quello che si trova nella cappella alla sinistra della parete ancora in piedi, dove alcuni di noi hanno concordato sulla presenza dell’emissione di una spirale. 

Lasciatoci alle spalle il “sepolcro” ci siamo diretti verso la porta del complesso monastico. Dalla porta fino all’ingresso della chiesa ci sono 202 gradini, contati durante la salita. Una sosta per ammirare la recente statua di San Michele e la facciata della chiesa, illustrate da Enrico, ha spezzato la salita.  Da questo punto si coglie la grandezza della costruzione romanica, il cui ingresso è dallo stesso lato dell’abside. È un caso raro, forse unico, in cui facciata della chiesa ed abside sono entrambe rivolte ad est. È possibile perché si trovano su due piani a quote altimetriche differenti: sembra quasi che la facciata regga l’abside.

In effetti quest’opera ardita è stata realizzata sulla punta del monte Pirchiriano, allargando la base d’appoggio grazie alla realizzazione di un basamento a sbalzo rispetto al profilo del monte e sostenuto da un pilastro in pietra alto diversi metri. Il basamento regge quindi la chiesa al di sopra, mentre al di sotto contiene al suo interno il famoso Scalone dei Morti, una scala lunga e ripida che consente di colmare il dislivello tra l’ingresso posto in facciata e il piano di costruzione della chiesa. 

Lo scalone dei Morti, che questa volta si erge davvero nel luogo di sepoltura dei monaci, appare come un grande tunnel al cui fondo si vede la luce. È l’ultimo sforzo per raggiungere il luogo sacro, al quale dà accesso attraverso l’altrettanto famoso portale dello Zodiaco, chiamato così perché vi sono scolpiti i segni zodiacali. Visto dall’alto lo scalone dà la sensazione di un luogo dal quale si viene espulsi con fatica, come durante un parto. Forse non a caso su uno dei capitelli di sinistra delle colonne che fiancheggiano il portale è rappresentata una sirena bicaudata (sirena con due code). Una rappresentazione che abbiamo già trovato in altri siti a rappresentare la presenza di acqua, la fertilità, il parto.

Eccoci pronti per entrare in chiesa.

All’interno l’atmosfera è sempre emozionante e mi riporta ad una messa di mezzanotte di un Natale di tanti anni fa, quando ancora nevicava la Vigilia e la Sacra era meta difficile da raggiungere con la neve, ma le condizioni delle strade non scoraggiavano nessuno. Dalla Chiusa, Chiusa di San Michele, un paese all’ombra del Pirchiriano, partiva anche una fiaccolata che raggiungeva il luogo sacro per l’evento. 

In chiesa abbiamo percepito l’emissione energetica della faglia e delle diverse fratture  e dislocazioni che attraversano la navata. Purtroppo non sono cartografate, anche se ben percepibili. Il punto di più elevata intensità è quello in corrispondenza delle cappellette sottostanti, luogo sacro antecedente l’attuale costruzione.

Non abbiamo individuato alcuno scorrimento idrico e le persone presenti erano troppo  numerose per poter effettuare una ricerca dei campi reticolari. Il tempo è passato molto velocemente ed è arrivata l’ora di lasciare la chiesa. All’esterno però c’è stato ancora il tempo di goderci il panorama dalla terrazza e di avvicinarci alla torre della bell’Alda. Poi a malincuore ci siamo diretti verso l’uscita e poi verso il parcheggio. 

Anche l’avventura alla Sacra si è conclusa, in questa giornata quasi estiva che il tempo ci ha regalato dopo tante di pioggia. Ci siamo salutati con gli occhi che brillavano, pensando già alla prossima occasione per ritrovarsi, in qualche altro posto meritevole di una visita “percettiva” da condividere.

Sabato 1 giugno e Domenica 2 giugno 2024 CORSO BASE di Geobiologia e Geobiofisica a Brugnello (PC), propedeutico al Corso Professionale

Programma del Corso Base di Geobiologia e Geobiofisica al Brugnello (PC) organizzato da Istituto GEA e propedeutico al Corso Professionale

Responsabili del Corso : Arch. Giuseppe Marsico; Arch. Mariangela Migliardi; Arch. Cristina Rovano
Cell. Giuseppe 3358007966

La location è l’Albergo Poggiolo in località Poggiolo – 118 cap 29020 – Poggiolo (PC).

Tel / fax +39 0523 931063 – e-mail info@albergopoggiolo.it

Si precisa che la prenotazione delle camere da noi opzionate dovrà avvenire in autonomia. Ogni partecipante può  prenotare  una  camera  personalmente tramite telefono o mail.

QUOTA DI PARTECIPAZIONE:
per gli Associati è di  € 150,00 per le spese organizzative e il sostegno ai programmi didattici dell’Istituto. Per i Non associati € 150,00 + € 30,00 di adesione all’Associazione (quota da versare in anticipo come caparra)

IBAN: IT37 U030 6909 6061 0000 0122 365  intestato a Istituto GEA

BIC: BCITITMM

QUOTA VITTO E ALLOGGIO:
Il soggiorno in hotel invece sarà al prezzo convenzionato di  € 64 in camera doppia (a persona per la notte di Sabato 1) comprensivo di trattamento mezza pensione (bevande escluse) e prima colazione di Domenica 2. Da considerare a parte il pranzo al sacco di € 6 a partecipante previsto per Domenica 2. La quota totale per vitto e alloggio sarà quindi d € 70 a persona ( escluso sovrapprezzo per la camera singola). A parte il pranzo leggero del sabato per il quale è previsto un menù a € 15 (bevande escluse).

PROGRAMMA:
SABATO  1 Giugno     ore 10,00-19,00
10,00–10,30: registrazione degli iscritti e consegna dei materiali didattici.
10,30-11,00:  presentazione dell’ associazione Istituto GEA e del Corso Base.
11,00-13,00:  introduzione a geobiofisica, geobiologia ed elettrobiologia (lezione teorica).
13,00 – 14,30: pranzo leggero presso l’Albergo il Poggiolo
14,30 – 15,00: esercizi di autoregolazione energetica per il radicamento e l’aumento della percezione.
15,00 –17,00: prova della ricerca dell’acqua, ricerca del trasformatore nascosto.
17,00 – 18,00: discussione sui risultati delle prove individuali
18,00 – 19,00:  presentazione del percorso di percezione geobiofisica con l’inquadramento della situazione geologica del luogo.
20,00– 22,00:  Cena presso l’Albergo il Poggiolo.

DOMENICA  2 Giugno   ore 8,30-17,30
8,00: Colazione presso l’Albergo il Poggiolo.
8,30: Spostamento sul luogo del percorso Brugnello in località Marsaglia.
9,00 – 9,30: esercizi di autoregolazione energetica per il radicamento e l’aumento della percezione.
9,30-12,30: inizio percorso, visita e percezioni alla Chiesa di Cosma e Damiano, ricerca di acqua sotterranea scorrente in una frattura, faglie e altri punti caratteristici alla percezione.
13,00- 14,00: pranzo al sacco in area dedicata lungo il percorso.
14,00–15,30: ritorno verso la partenza sempre sul percorso.
15,30–16,30: condivisione dei risultati e delle esperienze dei presenti e discussione sugli aspetti salienti percepiti e sui test di autovalutazione consegnati alla partenza del percorso.
16,30-17,30: Rientro e conclusione del Corso con consegna degli attestati di partecipazione che danno l’accesso alla prossima edizione del Corso Professionale di Analisi Geobiofisica e Geobiologia.

ADESIONI ENTRO IL 24 MAGGIO 2024

Dal 26 al 29 ottobre 2023 si è svolto il Meeting Associativo “Tuscia tra mistero magia e mostri”

Scritto dai partecipanti al meeting sociale GEA del 2023

Giovedì 26 ottobre – L’arrivo nella Tuscia

Finalmente si parte! Pier inizia il viaggio da Verona e raggiunge Antonella a Mantova per proseguire insieme; Cristina e Luca partono da Torino e incontrano Mariangela ad Alessandria; per Francesco, Rebecca, Adele e il piccolo Amedeo il viaggio è più breve, arrivano da Sinalunga in provincia di Siena, mentre Susanne e suo figlio Rafael aspettano impazienti già a Bomarzo. E intanto la chat su whatsapp creata per il meeting sociale 2023 si riempie di domande: ”A che punto siete?”, “A che ora arrivate?”, “Noi siamo a metà strada… Voi dove siete?”

E poi l’incontro nell’agriturismo prescelto, il Poggio degli Ulivi, tra sorrisi, emozioni, aspettative. E la prima cena insieme in un localino di Bomarzo. Si mangia bene da queste parti! Il primo assaggio è stato ottimo.

Venerdì 27 ottobre – Viterbo e le terme romane

Il vento soffia tutta la notte a pieni polmoni e la mattina una pioggia incalzante ci fa dubitare di riuscire a goderci la giornata all’aperto. Che si fa? In un attimo cambiamo i programmi, invertendo il programma di venerdì con quello di sabato. Risolto. Andiamo oggi alle terme e a visitare Viterbo, dove vi è la possibilità di un tour nella città sotterranea, in modo da non stare troppo all’aperto e riscaldarci alle terme. Partiamo con costume e accappatoi al seguito, ma è bastata qualche telefonata durante il viaggio per comprendere che le agognate Terme dei Papi dispongono soltanto di vasche all’aperto. Pazienza. Rinunciamo al relax termale al caldo e ci dirigiamo verso Viterbo, che ci accoglie, fuori dalle mura, con la statua di un gigante che sprofonda nel terreno. Bel biglietto da visita!
La città è situata su di un’area in cui affiorano travertini circondati da depositi di colata piroclastica. La zona di Viterbo rientra in una vasta area che, dopo essere stata interessata dalle fasi di tettonica compressiva responsabile della strutturazione della catena e dell’impilamento delle principali unità tettoniche*, è stata coinvolta nella dinamica distensiva del Pliocene medio e nel sollevamento della Toscana meridionale e del Lazio settentrionale (Baldi et alii, 1974). L’assetto strutturale del substrato è legato in prevalenza alla tettonica compressiva tardo miocenica responsabile del sovrascorrimento (faglia compressiva) della Falda Toscana sulla Serie Umbro Marchigiana. Ne consegue che al di sotto dei Distretti Vulcanici Cimino e Vicano risulta un sistema a pieghe e faglie (Nappi et al.). Le fasi tettoniche successive, di natura distensiva, del Pliocene inferiore (tra 5,3 e 3,6 milioni di anni fa) hanno disarticolato le strutture precedenti in horst e graben (porzioni di crosta terrestre relativamente rialzata e abbassata a causa di un sistema di faglie dirette in regime tettonico distensivo). A partire dal Pleistocene inferiore (tra 2,5 e 1,8 milioni di anni fa) l’azione di tali faglie ha determinato condizioni favorevoli allo sviluppo di attività vulcanica lungo il margine tirrenico con l’attivazione di diversi centri e distretti vulcanici. Quest’ultime sono inoltre le vie preferenziali per la risalita delle acque calde, risultanti da una circolazione geotermale profonda o controllata dal vulcanismo.

*estratto da “I depositi carbonatici di travertino situati nella zona L’asinello (Viterbo)” di Sensi Stefano.

Questa conformazione geologica giustifica le nostre sensazioni. È proprio vero che in un luogo bisogna esserci nati per riuscire a non avere problemi! Noi “forestieri” fatichiamo un po’ a gestire sia la spinta compressiva presente in città, che si fa sentire sui nostri diaframmi e sui muscoli pettorali, sia la presenza delle faglie distensive che ci provocano reazioni come gambe molli e sensazione di sprofondamento. La somma delle due è uno stato inconsueto che si traduce in un malessere diffuso. Tuttavia non ci lasciamo demoralizzare e decidiamo di andare a percepire a qualche metro di profondità sotto la superficie del suolo. La nostra guida ci conduce anche nella sede dei Templari, ordine ancora attivo a Viterbo, con la sorpresa di noi tutti.

Qui il piccolo Amedeo muove i suoi primi passi in piena autonomia! Ad amplificare le nostre sensazioni va aggiunto anche il colore del materiale da costruzione, il tufo, di un ocra molto scuro. Siamo in presenza di un materiale che in prevalenza assorbe nel visibile e quindi è scarsamente riflettente e non dona luce all’ambiente, mentre riflette nell’infrarosso, regalando un po’ di calore a chi vi si accosta.

Pranzo delizioso in piazza della Morte (poniamo sempre una particolare attenzione alla toponomastica dei luoghi) e poi ci dirigiamo lungo la Cassia, dove ci sono i resti di una serie di terme di epoca romana. Ne vediamo una dalla strada, in mezzo ad un campo agricolo, dalla struttura ancora ben riconoscibile e decidiamo di fermarci. Mentre ci confrontiamo sulle sensazioni del luogo, molto diverse da quelle provate a Viterbo, dall’alto del suo trattore ci viene incontro il proprietario del terreno che stava lavorando la terra. Ci affrettiamo a scusarci per la nostra presenza nel terreno di sua proprietà quando lui, incuriosito dalle nostre bacchette da rabdomante, comprende che siamo lì per cercare l’acqua termale e si offre di condurci nei punti dove ha ingaggiato altri rabdomanti per individuare l’acqua termale, così si crea l’occasione per confrontare i dati da noi raccolti (profondità dell’acqua, temperatura, ecc.) con quella di altri colleghi che hanno indagato il luogo prima di noi. È entusiasmante incontrare perfetti sconosciuti che apprezzano il nostro lavoro, disponibili a interloquire, a scambiare informazioni e soprattutto di mentalità aperta. Questo meeting sociale promette incontri interessanti!

Torniamo molto soddisfatti a Bomarzo per una cena in un altro locale, questa volta nel centro storico della piccola cittadina.

Sabato 28 ottobre – La “piramide” e il Parco dei Mostri

Oggi il sole splende! La temperatura è eccezionale e assolutamente adatta ai nostri programmi. Stiamo per incontrare una guida locale che, gratuitamente, ci accompagna alla cosiddetta “piramide”. Si tratta di Salvatore Fosci, colui che si è occupato di ripulire il monumento dalle erbe infestanti e lo ha riportato alla luce. Ha anche scritto un libro, Vulcano Nascosto, edito dalla Stamperia del Valentino, e oggi è qui per noi. È il secondo personaggio interessante di cui ci fa dono questo meeting.

Ci accompagna in una escursione nel bosco, denominato anche “bosco sacro” per gli innumerevoli siti cultuali che racchiude, passando inizialmente per una “via cava”, cioè scavata a trincea, e non manca di illustrarci le diverse fasi di escavazione nelle varie epoche grazie all’esperienza maturata sotto la guida del padre scalpellino nell’osservazione della diversa lavorazione delle pietre.

Dopo quasi un’ora eccoci alla meta. La “piramide” è singolare, un manufatto davvero inconsueto che ci rendiamo subito conto essere situato in un luogo particolare dal punto di vista energetico.

In realtà si tratta di un masso ciclopico di Peperino, franato da monti un tempo più alti, nel quale alla base sono state scavate delle rientranze e sulla facciata sono stati intagliati scalini che permettono l’accesso alla sommità. Anche se il manufatto è comunemente denominato “piramide etrusca” è stato sicuramente utilizzato dai vari popoli che si sono succeduti nel territorio. Alcuni studiosi ipotizzano un utilizzo sacro già all’epoca della civiltà Rinaldoniana, (3.000 anni a. C.), per poi essere utilizzato anche in epoca etrusca, romana e medievale. Le nostre percezioni, suffragate da esperienze in altri luoghi con caratteristiche simili, propendono per questa ultima ipotesi. Pier ne è convinto per la sua conoscenza della religione neolitica della Grande Dea e per le percezioni e visioni avute sulla piccola terrazzatura sommitale. L’impressione di tutti è quindi che non si tratti di una realizzazione etrusca, bensì molto precedente e che sia stata dedicata alla dea Madre. Inoltre quanto da noi rilevato e percepito sulla sommità rende impossibile accettare l’idea che i celebranti si rivolgessero a nord-ovest e alle divinità degli inferi, come si legge nelle guide locali e su Internet.

Alla base non si sta benissimo poiché si avverte una leggera spinta compressiva, però sulla piccola area spianata alla sommità si percepisce un’emissione energetica molto piacevole e rara che fa sciogliere le tensioni diventando curativa e in una ristretta area circolare provoca persino l’impressione di sollevarsi.

Difficile staccarsi da questo luogo magico, ma… è quasi ora di pranzo e la fame inizia a farsi sentire.

Nel primissimo pomeriggio ci dirigiamo al Parco dei Mostri, conosciuto anche come Sacro Bosco, un grande giardino cinquecentesco ideato dall’architetto Pirro Ligorio (noi alla fine della visita abbiamo pensato che il progetto sia stato fatto su direttive impartite dalla moglie del Principe Orsini, Giulia Farnese poiché è evidente il riferimento ai temi dell’antica religione della Dea) e realizzato su commissione del Principe Pier Francesco Orsini. Due statue raffigurano lui e la moglie, rappresentati come coppia di piccoli orsi, in linea con il loro cognome. Altre statue rappresentano più in generale il Maschile e il Femminile. Come spesso accade il Femminile, cioè la Madre Terra, è rappresentato nelle tre forme della Dea: vergine, madre e anziana. In altre sculture il Maschile è rivolto al Femminile esplicitando che è la natura femminina che sta al comando per una legge naturale. Inoltre, vi sono riferimenti ai lutti causati dalle guerre con accenni contro la violenza. Messaggi decisamente contrari alle idee e alle convenzioni sociali dell’epoca, non per nulla dopo la morte del Principe Orsini il Bosco Sacro è stato abbandonato e si è cercato persino di cancellarlo. Per fortuna Goethe l’ha riscoperto.

Per tornare alle nostre percezioni geobiofisiche, l’esperienza che più ci colpisce avviene entrando nella casa pendente. Cosa volevano comunicare gli Orsini con l’eccentrica realizzazione di una casa pendente? La nostra ipotesi è che volessero evidenziare come le persone, in particolare quelle benestanti, si adattino alla stortura della società finendo per credere di essere dritti, quando invece vedono distorta la realtà. Forse la stortura riguarda anche il rapporto tra Maschile e Femminile dove il maschio vuole prevalere sulla femmina, cosa che non accade in natura, ad esempio proprio nelle coppie di orsi!

Mentre Pier e Francesco stanno utilizzando il pendolo dentro la grande stanza di accesso, Luca e Cristina li osservano con attenzione a poca distanza e si accorgono che il pendolo non cade sulla verticale, ma assume una posizione deviata di qualche centimetro. Avvisano subito Pier, Francesco e gli altri. La prima ipotesi è però che il fenomeno sia un effetto ottico, dovuto al fatto che il pavimento, le porte, le finestre e i muri della casa sono tutti inclinati. Ma c’è chi non è convinto e propone di andare all’esterno per verificare, così con grande sorpresa notiamo che in corrispondenza del muro di facciata dell’edificio il pendolo si inclina e più la corda che lo regge è lunga più è evidente il fenomeno. Le nostre percezioni corporee mettono in luce la presenza di una spinta orizzontale che inizia proprio in quel punto. Chi ha realizzato la casa pendente ha sfruttato la spinta geologica per amplificare la sensazione che la casa respinga chi vuole entrare e spinga verso l’esterno chi è dentro. Complimenti!

Nel punto dove proviamo a percepire la spinta è talmente forte da prevalere sulla forza di gravità e sposta lievemente il pendolo dall’asse verticale. Succede anche a noi ma non ce ne rendiamo conto perché correggiamo in automatico la nostra posizione. Siamo tutti attoniti e lo sono anche i passanti che ci vedono sperimentare la situazione. Tra questi si fa avanti un ascensorista, il terzo personaggio di cui ci fa dono il meeting, dicendo di essere abituato per lavoro a usare il filo a piombo in modo professionale e ci chiede di prestargli il pendolo perché vuole provare personalmente. Il risultato che ottiene è identico al nostro e questo ci conforta, poiché non c’era ancora mai successo di osservare una deviazione del pendolo rispetto alla verticale gravitazionale causata dalla forza orizzontale di una spinta geologica.

Non si finisce mai di imparare!

Un’altra sensazione interessante l’abbiamo provata entrando nella bocca del “mostro” scelto a icona del Parco. La grande bocca spalancata pare invitare a entrare invece si fa una certa fatica a salirvi e quando si è dentro si ha la netta sensazione di essere spinti fuori. Un leggero malessere allo stomaco fa associare a questa spinta i conati del vomito. Usciamo velocemente, prima che sia troppo tardi, però il messaggio implicito nell’uso dell’energia tettonica colpisce e ci lascia perplessi.

Dal punto di vista geomorfologico, l’area del Parco dei Mostri corrisponde a un vasto corpo di frana ormai stabilizzato. Dall’ammasso roccioso di ignimbrite (roccia compatta generata da un flusso piroclastico) sul quale sorge l’abitato di Bomarzo, si sono staccati i blocchi rocciosi utilizzati per scolpire i “mostri”. Analizzando un estratto della carta geologica d’Italia (Viterbo Foglio 345) è possibile notare come l’area in esame sia bordata da faglie dirette le quali potrebbero confermare l’ipotesi che abbiamo avanzato in corrispondenza della casa pendente, tramite la presenza di faglie minori, dette vicarianti, a esse collegate e non riportate sulla mappa.

Infatti Mattias (1966) segnala nell’area viterbese la presenza di un sistema di faglie individuate con metodi geofisici, riportate anche nella allegata cartografia, in corrispondenza dell’allineamento delle sorgenti termali e delle placche di travertino, la cui direzione è all’incirca N-S e che danno luogo a un rigetto complessivo, ottenuto sempre mediante metodi sismici, dell’ordine di 500-600 m. Anche la giornata di oggi volge al termine e decidiamo di acquistare un po’ di provviste in un piccolo supermercato di Bomarzo e di cucinare qualcosa nelle cucine dei nostri appartamentini per poi condividere tra tutti la cena nell’appartamento più grande. Una festa è proprio quello che ci vuole!

Domenica 29 ottobre – La città che muore e il rientro a casa

Preparati i bagagli ci spostiamo verso Civita di Bagnoregio. Edificata su un banco tufaceo sovrastante il basamento argilloso, il borgo è conosciuto come “La città che muore” proprio per i crolli causati dai lenti movimenti superficiali diffusi nella coltre d’alterazione delle argille sabbiose, poco consistente e satura d’acqua a seguito di precipitazioni intense e prolungate. Infatti, la mobilizzazione della parte alta dei versanti argillosi causa lo scalzamento alla base della rupe tufacea, con conseguente tendenza a crolli e ribaltamenti di porzioni della rupe stessa. Per raggiungerla attraversiamo a piedi il lungo ponte che la collega al versante opposto della vallata. Il panorama è davvero suggestivo! La città è molto turistica, piena di negozietti e localini. La attraversiamo da nord a sud e da est a ovest, facendoci largo tra la folla di visitatori, per valutare in ogni luogo le nostre sensazioni. Ci accomuna una decisa sensazione di instabilità e disequilibrio, accompagnata da giramenti di testa. Ai bordi dello sperone la sensazione si accentua sensibilmente rispetto al centro della conformazione geologica, ma ovunque sembra proprio di trovarsi a bordo di una nave in porto, che oscilla lentamente confermando ai passeggeri di non trovarsi sulla terra ferma. La sensazione è dovuta alla percezione sottile e quasi inconscia dello scivolamento degli strati geologici che stanno sotto i nostri piedi.

È mezzogiorno, il viaggio di ritorno è lungo e purtroppo non c’è tempo per un ultimo pranzo insieme. A malincuore, dopo lunghi abbracci di commiato, ognuno di noi riprende la strada del ritorno. Durante il viaggio di rientro la chat del meeting si riempie di fotografie dei giorni trascorsi insieme e di avvisi: “Noi siamo a metà strada… Voi dove siete?”

Sabato 4 novembre SENTIRE LA TERRA TRA LE COLLINE DI FREGONA

Seminario di geologia percettiva aperto a tutti

A Fregona, nella cornice delle sue colline,  viene organizzato un Seminario di Geologia Percettiva ossia andare a cogliere con lo strumento più sofisticato di cui disponiamo – noi  stessi – il continuo interscambio energetico tra la Terra e l’Uomo.

Saremo introdotti agli aspetti fondamentali di Geologia e Geomorfologia.  Scopriremo il significato di anomalia geologica e stress tellurico; Gaia, la Terra, il nostro pianeta, si svelerà a noi come un essere vivente che cercheremo di percepire attraverso l’affinamento dei nostri sensi.

Il Laboratorio è un ponte tra il sapere geologico e geofisico attuale e la percezione personale e biologica del diverso scambio energetico del terreno nella varie situazioni geologiche e dei suoi differenti effetti sulle persone. Introduce alla consapevolezza delle variazioni nel proprio benessere psicofisico insorte nel camminare su territori dal substrato diverso ed alla consapevolezza della percezione dello scambio energetico tra territorio ed essere umano.

L’incontro è articolato in una lezione-conferenza esplicativa ed in passeggiate percettivo-esperienziali in siti dai connotati particolari dove sarà possibile vivere in prima persona l’interscambio energetico.

Quando : Sabato 4 novembre 2023 dalle 9 alle 17

Dove: Fregona (TV) – San Vendemmiano – Via Olivera 31

PROGRAMMA


9,00 – 12,30
 
12,30 – 13,30

14,00 – 16,30
16,30 – 17,30
 
Parte teorica e esercizi di potenziamento percettivo

Pranzo al sacco
Percorso percettivo
Condivisione

Percorso teorico-esperienziale aperto a tutti
(purtroppo sono presenti numerose barriere architettoniche insormontabili)
PER INFO E PRENOTAZIONI +39 3496178653

MEETING SOCIALE 2023: “TUSCIA TRA MISTERO MAGIA E MOSTRI”

LA PIRAMIDE ETRUSCA, IL SACRO BOSCO, LE TERME E LA CITTA’ CHE MUORE

Data partenza: 26/10/2023 – Data ritorno: 29/10/2023 – Durata viaggio: 4 giorni – 3 notti Soggiorno: Agriturismo Poggio degli Ulivi, situato ad un passo dalla piramide etrusca https://agriturismopoggiodegliulivi.com/

Quota per persona: 105,00 € in camera doppia, tripla o quadrupla.

Arrivo e spostamenti: con mezzi propri.

La struttura è composta da n. 2 camere matrimoniali, n. 2 appartamenti tripli e n. 1 appartamento quadruplo, per un totale di n. 14 persone.  Colazione, pulizia giornaliera e parcheggio inclusi nel prezzo.

In caso di superamento del numero limite di posti dell’agriturismo è prevista, per l’eccedenza, una sistemazione alternativa. La quota non comprende: pasti e bevande, ingressi al parco (€13) e alle terme (€18 per 3 ore), biglietto di accesso alla città che muore (€5), viaggio e spostamenti con mezzimpropri.

Prenotazione ENTRO IL 15 SETTEMBRE 2023 direttamente in struttura al +39 375 711 3804 facendo riferimento al Meeting Sociale dell’Istituto Gea. Una volta contattato l’albergo si prega di inviare comunicazione alla mail dell’Istituto (gea@geobiologia.it) o contattare il referente Francesco (tel. 3492136886). Il meeting è riservato ai soli soci dell’associazione GEA – ISTITUTO PER L’ANALISI GEOBIOFISICA E GEOBIOLOGICA DELL’AMBIENTE, A.P.S.; pertanto, i partecipanti non ancora associati, occorre che effettuino, entro il 10 ottobre, l’iscrizione (modulo reperibile sul sito al seguente indirizzo: https://www.geobiologia.it/?page_id=128 ) e il versamento della relativa quota associativa per l’anno in corso di € 30 (istruzioni e IBAN sul modulo d’iscrizione).

LA PIRAMIDE ETRUSCA

Piramide etrusca

Questa suggestiva costruzione è stata soprannominata “piramide etrusca” forse perché evoca le piramidi dei Maya. L’ipotesi più diffusa è che si tratti invece di un enorme altare sacrificale, dotato di gradini che consentono di arrivare sino sulla sommità e di canali di scolo che probabilmente servivano per far defluire il sangue durante i sacrifici. Secondo qualche studioso qui si praticava l’aruspicina, ovvero l’arte di predire il futuro attraverso l’analisi delle viscere. Qualcun altro lega la piramide etrusca all’interpretazione del volo degli uccelli.

La piramide è un monolite (unico grande masso) le cui origini, per alcuni studiosi, sarebbero addirittura preistoriche, ma la datazione resta incerta. Pare comunque essere stata utilizzata fino al Medioevo, anche se l’uso in quell’epoca rimane ignoto: il mistero avvolge quindi ancora oggi la enigmatica piramide.

IL SACRO BOSCO

Castello di Chia

Il bosco di Bomarzo non nasconde solo la piramide etrusca: vale la pena soffermarsi anche alla chiesa altomedievale e alla necropoli di Santa Cecilia, dotata di sepolture realizzate con forma umana. Inoltre, nel Bosco si erge il Castello di Chia che, arroccato su uno sperone roccioso, può essere apprezzato da un belvedere (purtroppo non si può accedere). Era il 1963 quando Pier Paolo Pasolini arrivò in questo angolo di Tuscia e se ne innamorò subito tanto da girarci qualche scena de Il Vangelo secondo Matteo. Per le scene del battesimo di Gesù, infatti, scelse il torrente Castello che scorre sotto la Torre di Chia. Inoltre, elesse questo luogo a sua dimora. Proseguendo all’interno del Bosco si giunge alle cascatelle sul torrente Castello, affiancate dalle “marmitte dei giganti”, profonde depressioni a forma di pozzo nelle rocce, formatosi per erosione fluviale in località prima ricoperte da ghiacciai. Durante il percorso per arrivare alle cascate si trovano alcuni ruderi tra cui quello di un mulino e i resti di una tomba medievale scavata nella roccia. Chia è infatti collocata in classica posizione etrusca, sulla cima di un altipiano circondato da orti e pascoli e profonde forre, da cui sale l’impeto dei torrenti che nel Medioevo muovevano le- macine dei mulini, di cui ancora oggi resta qualche testimonianza.

LE PISCINE CARLETTI

Aree termali libere

L’area di Viterbo ospita un vasto bacino termale. Nel corso dei secoli sono nate nella zona molte sorgenti naturali, una di queste alle Piscine Carletti. Si tratta di terme libere a circa 2 km dal centro di Viterbo. Le acque delle Piscine Carletti sono ipertermali, il che significa che alla sorgente la temperatura è compresa tra 30 e 60°C e che sono ricche di sali minerali e oligoelementi. Si tratta di acque solfuree-solfato-bicarbonato-alcalino-terrose. Queste acque, che sgorgano naturalmente dalla sorgente ad una temperatura di 58°C, hanno importantissime proprietà benefiche sugli apparati locomotore, respiratorio, ginecologico, circolatorio, e sulle patologie dermatologiche.

CIVITA DI BAGNOREGIO, LA CITTÀ CHE MUORE

Civita di Bagnoregio

La storia di Civita di Bagnoregio trova le sue radici in epoca etrusca. La sua fondazione risale a circa 2.500 anni fa. L’insediamento sorge lungo l’antica via che collegava la valle del Tevere al Lago di Bolsena. Civita, ai tempi degli Etruschi, era una fiorente città situata in una posizione strategica per il commercio, ma già allora era destinata ad un futuro incerto: gli stessi Etruschi, già nel 280 a.C., si trovarono a dover far fronte ai continui problemi di sismicità ed instabilità dell’area, tradotti in scosse e ripetuti smottamenti. Oggigiorno la città è sottoposta a frequenti frane e sta “morendo” lentamente. Le frane, nel corso dei secoli, hanno inghiottito anche quel che rimaneva delle antiche tombe a camera scavate dagli Etruschi alla base della collina di Civita e nelle altre pareti di tufo della zona. Ormai si può accedere solo più a piedi. La causa del suo isolamento è proprio la progressiva erosione della collina e della vallata circostante, che ha dato vita alle tipiche forme dei calanchi e che continua ancora adesso, rischiando di far scomparire l’insediamento, per questo soprannominato “la città che muore”.

POTETE SCARICARE LA BROCHURE DEL MEETING QUI:

Programma di viaggio:

26/10 ore 18.30: Arrivo dei partecipanti a Bomarzo e sistemazione all’Agriturismo Poggio degli ulivi.

 26/10 ore 20.00 circa: Cena libera e ritrovo per condivisione dettagliata del programma del meeting.

27/10 ore 07.30-08.30: Prima colazione in Agriturismo

27/10 ore 08.30-12.30: Escursione con percezione geobiofisica alla PIRAMIDE ETRUSCA, alla necropoli e alla chiesa altomedievale di Santa Cecilia. Pranzo libero nel paese di Bomarzo.

27/10 ore 14.00-17.00: visita al BOSCO SACRO noto anche come Parco dei Mostri. Il costo dei biglietti per l’ingresso è di €13.

27/10 ore 17.00-19.00: Aperitivo in paese, rientro in Agriturismo e cena libera.

28/10 ore 07.30-08.30: Prima colazione in Agriturismo

28/10 ore 08.30-12,30: Attività di percezione geobiofisica al Castello di Chia e camminata verso le cascatelle sul torrente Castello – Ingresso libero.– Pranzo libero in zona.

28/10 ore 13.30-14.30: viaggio per Viterbo (circa 19 km – 22 min.) per percepire, attraverso il corpo, le energie emesse dalla terra in prossimità di alcune sorgenti termali libere denominate Piscine Carletti.

28/10 ore 15.30 – 18.30: meritato relax alle Terme dei Papi – Ingresso €18 per 3 ore

28/10 ore 19.00: Visita serale della città di Viterbo con aperitivo/cena in città.

29/10 ore 07.30-09.00: Prima colazione in Agriturismo e check-out

29/10 ore 09.00-12,40: Visita alla città che muore (Civita di Bagnoregio). Il biglietto è acquistabile direttamente sul sito www.casacivitabagnoregio.it al costo di €5 all’uno. Se si opta per l’acquisto in biglietteria prezzo sempre €5 a ticket. Pranzo libero

29/10 ore 14.00: Saluti, condivisioni finali e rientro a casa.

Prenotazione ENTRO IL 15 SETTEMBRE 2023 direttamente in struttura al +39 375 711 3804 facendo riferimento al Meeting Sociale dell’Istituto Gea. Una volta contattato l’albergo si prega di inviare comunicazione alla mail dell’Istituto (gea@geobiologia.it) o contattare il referente Francesco (tel. 3492136886).

Il 23 settembre 2023 si è tenuto con molto successo il seminario: “Sentire la Terra a Pienza”, una passeggiata percettiva per la Magica Val d’Orcia

CI ERAVAMO CHIESTI: “E SE A RENDERE PIENZA COSÌ “MAGICA” FOSSERO IN REALTÀ FATTORI DI PARTICOLARE EMISSIONE ELETTROMAGNETICA NATURALE?

Dopo il successo dell’analoga iniziativa svolta a Siena in settembre del 2021, l’Istituto GEA, associazione di promozione sociale E.T.S., ha proposto a Pienza un percorso di geologia percettiva teorico-esperienziale come contributo alla divulgazione e alla conoscenza della percezione dello scambio energetico dei luoghi, mediato dalla situazione geologica e idrogeologica, conoscenza che permette di fruire in modo completo dei paesaggi urbani e naturali. Il seminario gratuito si è tenuto nella magnifica e “magica” Pienza sabato 23 settembre 2023.

37 partecipanti hanno goduto di una giornata diversa e di un’esperienza impagabile.
Tra loro anche Sonja e Joerg due membri del FFG, il Gruppo di Ricerca in Geobiologia fondato in Germania dal dottor Ernst Hartmann, che sono rimasti entusiasti dell’esperienza.


Hanno fatto da guida al percorso:
Francesco Guerrini, geologo, esperto del territorio senese; Cristina Rovano, architetto, esperta in analisi geobiofisica dei luoghi e presidente dell’Istituto GEA; Pier Prospero, architetto, esperto di percorsi percettivi.


Dopo il ritrovo al parcheggio di via Verde ci siamo spostati sulla passeggiata che offre un magnifico sguardo sulla Val d’Orcia.

una giornata di sole splendido

Qui Cristina Rovano, la Presidente dell’Istituto GEA, ha illustrato le finalità dell’associazione GEA e le proposte associative per il prossimo futuro. La Presidente ha tenuto anche una breve introduzione teorica sulla Geobiofisica e su cosa significa percepire.
Subito dopo Marilinda Residori, psicologa insegnante di Autoregolazione Bioenergetica, ha proposto alcune brevi sequenze di Esercizi Bioenergetici per attivare la percezione di ciascuno.

Poi siamo entrati nella chiesa di Santa Caterina guidati da Pier Prospero per ammirare l’affresco della Madonna col Bambino, tributo alla venerazione del Femminile dovuto alla Scuola Senese del XIV secolo, e per percepire le sensazioni provenienti dal sottosuolo.

La successiva tappa per la percezione è stata il Romitorio scavato nella roccia davanti al quale abbiamo ascoltato le sensazioni che arrivano dal sito, secondo Pier Prospero ben più antico di quanto si dice, legato all’acqua e molto probabilmente utilizzato dal vicino insediamento neolitico.
Scendendo ancora ci siamo soffermati alla Cava Barbieri dove il geologo Francesco Guerrini ha spiegato e mostrato l’interessante situazione geologica del luogo.

Cava Barbieri







Altre mete del percorso percettivo sono state l’antica Pieve di Corsignano dai rilievi di insolita simbologia che, secondo Pier Prospero nelle figure femminili richiamano in modo sconcertante l’arte minoica, dove abbiamo cercato di percepire il messaggio del terreno e dell’acqua, e la Cattedrale dell’Assunta, del Rossellino, ma progettata su ispirazione di Leon Battista Alberti, dove abbiamo potuto vedere i segni apportati sulla struttura da una faglia geologica che alla fine, bacchette da rabdomante alla mano, abbiamo cercato di individuare anche all’esterno.

Ricerca rabdomantica della faglia a lato del Duomo

Celeste Stortini, laureata in Lettere e amante della storia del Senese, ha illustrato la vicenda di Enea Silvio Piccolomini, papa Pio II, e della fondazione di Pienza, mostrando anche la conformazione e lo stile della cattedrale.
Infine Francesco ha spiegato il collegamento tra le sensazioni annotate dai partecipanti sulla scheda consegnata all’inizio e la situazione geologica dei punti di percezione.
Dicono che a Pienza non piove mai, ma un cambiamento repentino del meteo ha portato il cielo a rannuvolarsi nel pomeriggio ed è caduta una breve pioggia, proprio mentre eravamo all’interno della Cattedrale!
Alla fine della giornata ci siamo salutati tutti molto contenti e appagati.

Sabato 30 settembre 2023 si è tenuta con successo la seconda edizione del seminario esperienziale gratuito per tutti “Sentire la Terra al Tempio di Minerva” a San Rocco di Valpolicella (VR)

sabato 17 giugno 2023

Dopo il grande apprezzamento del primo seminario del 17 giugno che aveva visto la partecipazione di 21 persone, sabato 30 settembre 2023 si è tenuta la replica dell’evento con 26 presenti.
Il Seminario gratuito e aperto a tutti “Sentire la Terra al Tempio di Minerva” si è articolato in una passeggiata percettiva e alcune soste percettivo-esperienziali in punti dai connotati geologici particolari dove è stato possibile vivere in prima persona lo scambio energetico tra il substrato geologico e noi, cioè percepire “l’energia del luogo”. Inoltre vi è stata una breve parte teorica inframezzata alle esperienze percettive che ha fatto conoscere la geologia dei posti visitati e lo scambio energetico percepito.
E’ stato interessante capire in che situazione geologica furono posti il Tempio di Minerva e il castello scaligero che nei secoli sono subentrati a un originario luogo di culto tardoneolitico composto di un’area “yin”, femminile, con una vasca per le abluzioni rituali in basso, divenuta poi il Tempio della Grande Madre con lo scavo della terrazzatura attuale e di una vasca (in epoca romana diventato Tempio di Minerva), e di una zona “yang”, maschile, in alto, con un cerchio di menhir andato perduto, ma in una posizione ipotizzabile vicino al centro dell’attuale vigneto, su uno spiazzo probabilmente ricavato con il lavoro umano.

Il seminario è iniziato al parcheggio di San Rocco di Valpolicella, frazione di Marano di Valpolicella, con la presentazione e il percorso per giungere alla vicina chiesa di Santa Maria Valverde (ex Santuario di Santa Maria sopra Minerva) dove Marilinda Residori, trainer councelor esperta in Autoregolazione Bioenergetica, docente all’IPSo (Istituto di Psicologia Somatica) di Milano, ha guidato una breve sequenza di Esercizi di Autoregolazione Bioenergetica per attivare la percezione di ciascuno.


Dalla chiesa è stato riproposto il percorso dell’antichissima processione che partiva dall’attuale chiesa di Santa Maria Valverde e arrivava alla vasca delle abluzioni (Tempio) per poi concludersi nello spiazzo del cerchio di menhir sul Monte Castelon.


Al Tempio di Minerva il volontario archeologo Lucio Cavallini ci ha permesso di accedere al sito e illustrato i ritrovamenti finora effettuati.

Alla fine siamo tornati nella frazione di San Rocco per individuare, guidati da Pier Prospero, esperto in Geobiofisica e membro del Forschungskreis für Geobiologie “dr E. Hartmann”, la posizione della faglia che lo attraversa con una “bacchetta di Hartmann” o una forcella da rabdomante e per percepire gli effetti della faglia su di noi.
Per concludere Pier Prospero ci ha mostrato un ingrandimento della carta geologica in cui era visibile la faglia che abbiamo percepito.

La partecipazione ai Seminari proposti dall’Istituto GEA in località di particolare interesse geologico, artistico o archeologico, è sempre un’utile e divertente esperienza che fornisce le basi necessarie a percepire se stessi e le variazioni del proprio stato in relazione al luogo in cui ci si trova.I Seminari teorico-esperienziali di Geologia Percettiva “Sentire la Terra” sono gratuiti e rivolti a tutti, come fossero delle conferenze, e costituiscono il principale strumento che l’Istituto GEA si è dato per far conoscere al pubblico l’Analisi Geobiofisica dell’Ambiente in modo al contempo teorico e pratico poiché introducono alla consapevolezza delle variazioni nel proprio benessere psicofisico provocate dal sostare su territori dal substrato geologico diverso.